Home Argomenti Arte e Cultura L’Italia di Calamandrei al Poliziano

L’Italia di Calamandrei al Poliziano

Condividi

Montepulciano. Comunicato Stampa Una narrazione tra immagini inedite ed esecuzioni musicali

Anteprima nazionale al Teatro Poliziano, sabato 8 aprile

 “L’aria della libertà – L’Italia di Piero Calamandrei” è lo spettacolo di Nino Criscenti e Tomaso Montanari che sarà presentato in anteprima nazionale al Teatro Poliziano di Montepulciano (Siena), sabato 8 aprile (ore 21.15). Il progetto, nato dalla coproduzione di Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte, Accademia Filarmonica Romana, Amici della Musica di Foligno, in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà e la Biblioteca Archivio “Piero Calamandrei”, sarà rappresentato anche all’Auditorium San Domenico di Foligno (7 maggio), al Teatro Olimpico di Roma (8 maggio) e al Teatro Ariosto di Reggio Emilia (15 maggio). Sulla scena, Tomaso Montanari e un quartetto di insigni musicisti interagiscono con le immagini originali, recuperate dagli archivi storici.

Nella biblioteca civica di Montepulciano si conserva un grande album fotografico in cui Piero Calamandrei ha raccolto le istantanee delle gite che quasi ogni domenica, dal 1935 fino allo scoppio della guerra, ha fatto con un gruppo di amici in cui si ritrovano alcuni dei maggiori esponenti dell’antifascismo e  della cultura italiana del Novecento: Luigi Russo, Pietro Pancrazi, Alessandro Levi, Guido Calogero, Attilio Momigliano, talvolta Benedetto Croce, Franco Antonicelli e Leone Ginzburg. Non erano gite qualsiasi, e Calamandrei lo ricorderà dopo la guerra: “Negli anni pesanti e grigi nei quali si sentiva avvicinarsi la catastrofe, facevo parte di un gruppo di amici che, non potendo sopportare l’afa morale delle città piene di falso tripudio e di funebri adunate coatte, fuggivano ogni domenica a respirare su per i monti l’aria della libertà, e consolarsi coll’amicizia, a ricercare in questi profili di orizzonti familiari il vero volto della patria”.

Tomaso Montanari sfoglia l’album di quelle fughe domenicali in piccoli centri e paesi fuori di mano, pievi, abbazie, resti archeologici, ville monumentali, passaggi di artisti o poeti, luoghi scelti “non per estetismi turistici ma col desiderio di ritrovare, in quelle testimonianze, una tradizione di civiltà, della quale ciascuno di noi, durante la settimana, aveva creduto, nei momenti di maggior scoramento, di avere smarrito il senso”.

Leggiamo quelle foto con le parole stesse di Calamandrei, estratte da lettere, scritti vari e soprattutto  dal suo diario: “Io penso che qualcosa di eterno ci deve essere se noi prendiamo tanto gusto ed affezione a queste nostre gite: nelle quali circola nel nostro pensiero una parola che non diciamo per pudore, ma che pure, a ripensarla così di paese in paese, torna nuova e pura: patria”.

Ogni tanto la sequenza fotografica viene interrotta dall’irruzione sullo schermo di un cinegiornale che ci riporta nelle “città del falso tripudio”. È il contrappunto all’illusorio fuoriuscitismo domenicale: “Nella gita si è riso e siamo stati allegri. Ma sotto l‘allegria, malinconia, più pungente in primavera, in queste bellissime campagne toscane. L’assillo che rode dentro è mordente e affannoso fino alle lacrime. Chi riuscirà ad esprimere la tragedia della nostra generazione?”.

Una tragedia segnerà quelle gite: l’assassinio di uno dei compagni più assidui, Nello Rosselli, appena qualche settimana dopo la sua ultima passeggiata domenicale. E le segnerà l’angoscia del conflitto incombente: “Tutti, senza dircelo, portavamo con noi in quelle gite la segreta malinconia di chi, andando a far visita ad una persona cara, pensa che forse è quella l’ultima volta che la vedrà e non riesce a scacciare il funesto presentimento: la guerra viene, la guerra verrà. C’era già su quelle colline ridenti un presagio di distruzione”.

Dodici momenti di musica dal vivo entrano, nel corso dei 90 minuti dello spettacolo, sui punti più  intensi del racconto. Non un accompagnamento, piuttosto un intervento che nasce dalla parola, che non interrompe il racconto ma lo sottolinea, lo amplifica. Sono brani di alcuni capolavori della musica da camera tra gli anni 20 e gli anni 40, da Stravinskij a Ravel, da Casella a Šostakovič. L’organico di pianoforte, violino, violoncello e clarinetto è stato scelto in funzione di due opere scritte per questa singolare formazione: una composizione di Paul Hindemith del 1938 e il Quatuor pour la fin du temps scritto nel 1940 da Olivier Messiaen nel campo di concentramento tedesco in cui era internato. Del 1945 è la Sonata per clarinetto e pianoforte di  Mario Castelnuovo-Tedesco, che sarà eseguita nella  parte finale dello spettacolo, in cui si sentirà come, con Piero Calamandrei costituente, lo spirito di quelle gite è entrato nella ricostruzione del paese e nella stessa Costituzione, con il suo altissimo, originalissimo articolo 9. Le musiche sono eseguite da Luca Cipriano (clarinetto), Francesco Peverini (violino), Valeriano Taddeo (violoncello), Marco Scolastra (pianoforte).

Le parole, gli incontri, le emozioni di quelle passeggiate sono vivi, attuali: sono il programma sentimentale e politico di un’Italia che è ancora possibile. «L’Italia ha ancora qualcosa da dire», gridò Piero Calamandrei nel 1944, riaprendo da rettore l’università di Firenze. Quell’aria della libertà può permetterci di respirare ancora: di immaginare un futuro diverso, un futuro semplicemente, profondamente umano. È l’invito che sentiremo alla fine dalla voce stessa di Calamandrei in un discorso che rivolse ai giovani nel 1955.

«L’aria della libertà»

L’Italia di Piero Calamandrei

di

Nino Criscenti

Tomaso Montanari

con

Tomaso Montanari

Luca Cipriano clarinetto

Francesco Peverini violino

Valeriano Taddeo violoncello

Marco Scolastra pianoforte

Musiche di

Casella, Castelnuovo-Tedesco, Hindemith, Messiaen, Ravel, Šostakovič,  Stravinskij

INFO Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte