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L’importanza del presepe.

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Partendo da un’emozione visiva, il presepe nelle case degli italiani, anni e anni fa rappresentava, prima ancora di un fatto spirituale e religioso, una sorta di “spettacolo” e mi riferisco soprattutto ai bambini. Era una specie di rappresentazione “teatrale”. Sotto l’aspetto educativo poi,  ma direi perfino sociale, la rappresentazione e la presa di coscienza di questa cellula primigenia comunitaria, che si costituiva, con un bambino che veniva al mondo tra i suoi genitori e in una comunità variegata ma socialmente coesa. Tra mestieri, personaggi, scenografie, che riprendevano la comunità reale fatta di uomini, animali, re, gendarmi e soprattutto popolani.

Non mancavano nemmeno gli alberi i ponti sui corsi d’acqua. E tra gli alberi anche le palme. Inoltre c’era posto, ma senza lo stucchevole politically correct, perfino per gente di colore: uno dei Magi infatti era nero. Gli animali poi avevano un ruolo di primissimo piano tra la scenografia di carta pesta e muschio.

E anche qui senza sfiorare il ributtante, buonismo scellerato che consacra gli animali in genere e quelli  da compagnia ancora di più, ad un Olimpo sociale teso unicamente al consumismo più vuoto e stupido. Il culmine di questa scellerata abitudine si riscontra nei vari festeggiamenti con torta e candeline per i compleanni dei cani, che con indifferenza guardano i loro padroni impegnati in incomprensibili atteggiamenti che perfino offendono la natura dei loro pazienti amici pelosi. Niente di tutto questo. In primis il bue e l’asinello che addirittura scaldano il bambino nella mangiatoia e poi tutti i rappresentanti “dell’Arca” a seguire nella semplicità e l’importanza nella quale la natura li ha collocati insieme a noi sulla terra. E quindi anatre, oche, galline, pecorelle, uccellini e perfino qualche maiale, e poi cani, gatti, tutti insieme agli umani ad aspettare la nascita del Bambino.

In ultimo, e sempre in cima alla grotta, trovava posto una scintillante stella cometa in mezzo ad un firmamento che ricorderebbe un cielo mediorientale. E poi nell’ambito stesso del presepe ancora favole e fantasia si insinuavano a creare un mondo ancora più fascinoso. Tra le altre fiabe legate alla rappresentazione presepiale, voglio ricordare quella sulla figura di Benino, il pastorello che dorme beatamente in un pagliaio, ebbene si raccontava che Benino stesse sognando proprio il presepe nel quale dormiva e non bisognava svegliarlo per nessuna ragione altrimenti l’incanto del presepe si sarebbe dissolto. E non veniva trascurato Erode, collocato alle porte del suo castello, generalmente posto nella parte alta del presepe, così da figurare in lontananza. Svettava impettito e dispotico  impersonando il male essendosi macchiato della strage degli innocenti. Insomma nel presepe c’era posto proprio a tutte le manifestazioni della vita. E quindi tutto confluiva in una dimensione magica e affascinante. Adatta a  presentare ai bambini una spiritualità, una religiosità,  una socialità, una concezione del mondo assolutamente benigna, multirazziale, e animalista si direbbe oggi. E tutto era lì spiegato ai pargoli ma anche ai più semplici, col linguaggio figurato della schiettezza e della sincerità, tutto con naturalezza. E questo senza scomodare l’arte, la cultura e la religione delle persone istruite, illuminate e artisticamente ispirate. Persone che parimenti trovavano nel presepe la vita sia della tradizione che del futuro.

Nunzio Dell’Annunziata