“Il gatto che se ne nadava sempre solo”

by Gianni Fanfano

 

C’è un nostro amico che vorrebbe nel giornale più “passione e più racconti”. Gli abbiamo detto il taglio dato sinora. Ma cominceremo a farlo. Ci ha mandato, perché siamo amanti dei gatti questo bellissimo racconto di Kipling, che parla del gatto e della sua indole indipendente. E noi lo pubblichiamo. (g.f)

Ho raccontato molte storie, ma ora udite, ascoltatemi e state attenti: perché questo avvenne, accadde, successe e capitò, miei cari bambini, quando gli Animali Domestici erano Selvaggi. Il Cane era selvaggio, il Cavallo era selvaggio, la Mucca era selvaggia, e la Pecora era selvaggia, e il Maiale era selvaggio, – piú selvaggi di quanto si possa immaginare, – ed essi se ne andavano negli Umidi Boschi Selvaggi, tutti soli. Ma il piú selvaggio di tutti gli animali era il Gatto. Egli se ne andava da solo, e tutti i luoghi erano uguali per lui.

Naturalmente, anche l’Uomo era selvaggio. Era spaventosamente selvaggio; e non incominciò ad ammansirsi che quando incontrò la Donna, ed essa gli disse che non le piaceva affatto vivere in quella sua maniera selvaggia. Essa sostituí il mucchio di foglie umide, su cui egli era solito dormire, con una bella Caverna asciutta, sparse sabbia pulita sul pavimento, accese un bel fuoco di legna nell’interno della Caverna, appese una pelle di Cavallo selvaggio, fatta seccare, attraverso la sua apertura; e infìne disse-. – Pulisciti i piedi, caro, prima di entrare; e da ora in poi avremo la nostra casa.Quella sera, miei cari bambini, essi mangiarono pecora selvaggia fatta arrostire su pietre roventi, condita con aglio selvaggio e pepe selvaggio; e poi anitra selvaggia ripiena di riso selvaggio e di erbe aromatiche selvagge; ed ossi buchi di bue selvaggio; e ciliege selvagge, e passiflora. Poi l’Uomo andò a dormire vicino al fuoco, felice e soddisfatto; la Donna, invece, stette alzata a pettinarsi i capelli. Prese l’osso della spalla di montone – il grosso osso piatto della scapola – e guardò i fantastici segni impressi su di esso; gettò dell’altra legna sul fuoco, e fece un Incantesimo. Compose il primo Incantesimo Cantato del Mondo.

Fuori, negli Umidi Boschi Selvaggi, tutti gli Animali Selvaggi si riunirono dove potevano vedere la luce del fuoco da lontano, e si chiedevano che significato avesse.
Allora il Cavallo Selvaggio scalpitò con gli zoccoli selvaggi, e disse: – o miei Amici e miei Nemici, perché mai l’Uomo e la Donna hanno acceso quel gran fuoco in quella gran Caverna, e che danno ce ne verrà?

Il Cane Selvaggio alzò il naso selvaggio, sentí l’odorino di montone arrosto e disse.- – Voglio andare a vedere di che si tratta, e poi tornerò a riferirvelo, perché mi sembra che ci sia qualcosa di buono. Gatto, vieni con me.- Nemmeno per sogno! – esclamò il Gatto. – lo sono il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me. Non verrò.
– Allora non potremo mai piú essere amici, – disse il Cane Selvaggio, e trotterellò via verso la Caverna. Ma quando si fu un po’ allontanato, il Gatto si disse: ” Tutti i posti sono

 

uguali per me. Perché non devo andare a vedere di che si tratta? Me ne verrò via quando mi piacerà “. Cosí egli seguí il Cane Selvaggio, piano piano, e si nascose in un luogo da cui poteva udire ogni cosa.
Quando il Cane Selvaggio arrivò all’ingresso della Caverna, sollevò con il naso la pelle di cavallo, e annusò il buon odorino di montone arrosto, e la Donna, guardando l’osso si mise a ridere e disse: – Ecco il primo. Animale Selvaggio dei Boschi Selvaggi, cosa vuoi? Il Cane Selvaggio chiese:- O mia Nemica e Moglie del inio Nemico, cos’è che spande un cosí buon odorino nei Boschi Selvaggi? Allora la Donna prese un osso di montone arrosto e lo gettò al Cane Selvaggio, dicendo.- – Animale Selvaggio dei Boschi Selvaggi, assaggia. – Il Cane Selvaggio rosicchiò l’osso, ed era piú buono di qualsiasi altra cosa avesse mai mangiato fino allora, e disse: – O mia Nemica e Moglie del mio Nemico, dammene un altro. La Donna rispose: – Animale Selvaggio dei Boschi Selvaggi, se aiuterai il mio Uomo a cacciare durante il giorno, e starai di guardia a questa Caverna di notte, ti darò tutti gli ossi arresto che vorrai. – Ah! – esclamò il Gatto ascoltando. – Questa Donna è molto saggia; ma non saggia come me. Il Cane Selvaggio strisciò dentro la Caverna e ando’ a posare la testa in grembo alla Donna, e disse: – O mia Amica e Moglie del mio Amico, io aiuterò il,tuo Uomo a cacciare durante il giorno, e di notte starò di guardia alla vostra Caverna. – Ah! – soggiunse il Gatto ascoltando; – quel Cane è molto sciocco. – E tornò indietro attraverso i Boschi Selvaggi, dimenando la coda selvaggia, tutto solo. Ma non disse niente a nessuno. Quando l’Uomo si svegliò disse. – Cosa fa qui il Cane Selvaggio? – e la donna disse. – Il suo nome non è piú Cane Selvaggio, ma Primo Amico, perché egli sarà il nostro amico per sempre, per sempre e per sempre. Portalo con te quando vuoi andare a caccia.

La notte seguente la Donna tagliò grandi bracciate di erba verde e fresca nei prati rugiadosi, e la fece asciugare davanti al fuoco, cosicché essa spandeva un profumo di fieno appena falciato; poi si sedette all’imboccatura della Caverna e intrecciò una cavezza di pelle dì cavallo; guardò l’osso della spalla di montone, il grosso osso della spalla, e fece un Incantesimo. Il secondo Incantesimo Cantato del Mondo. Fuori, nei Boschi Selvaggi, tutti gli Animali Selvaggi si domandavano che cosa era successo al Cane Selvaggio, e finalmente il Cavallo Selvaggio scalpitò e disse: – Voglio andare a vedere perché il Cane Selvaggio non è tornato, e poi verrò a riferirvelo. Gatto, vieni con me. – Neanche per sogno! – esclamò il Gatto. – lo sono il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me. Non verrò. – Ma invece seguí il Cavallo Selvaggio piano piano, e si nascose in un luogo da cui poteva udire ogni cosa. Quando la Donna sentí il Cavallo Selvaggio scalpitare e scuotere la lunga criniera, rise e borbottò: – Ecco il secondo. Essere Selvaggio dei Boschi Selvaggi, che cosa vuoi? Il Cavallo Selvaggio disse- – O mia Nemica e Moglie

del mio Nemico, dov’è il Cane Selvaggio? La donna rise, prese in mano l’osso piatto, lo guardò e disse: – Animale Selvaggio dei Boschi Selvaggi, tu non sei venuto qui per cercare il Cane Selvaggio, ma per avere della buona erba. E il Cavallo Selvaggio, scalpitando e scuotendo la lunga criniera, rispose: – È vero! dammene un po’. . La Donna disse: – Animale Selvaggio dei Boschi Selvaggi, piega il tuo capo selvaggio e porta quel che vi metto, e potrai mangiare l’erba meravigliosa tre volte al giorno. – Ah! – esclamò il Gatto ascoltando. – Questa Donna e molto intelligente, ma non intelligente come me. Il Cavallo Selvaggio piegò la testa selvaggia, e la Donna vi fece scivolare sopra la sella di pelle intrecciata, e il Cavallo Selvaggio sussurrò ai piedi della Donna: – Mia Signora e Moglie del mio Signore, sarò il tuo servo in cambio della buona erba. – Ah! – fece il Gatto ascoltando, – quel Cavallo è molto sciocco. – E tornò indietro attraversando gli Umidi Boschi Selvaggi, dimenando la coda selvaggia e camminando da solo. Ma non disse mai nulla a nessuno. Quando l’Uomo e il Cane tornarono dalla caccia, l’Uomo chiese: – Che cosa fa qui il Cavallo Selvaggio? E la Donna rispose: – Il suo nome non è piú Cavallo Selvaggio, ma Primo Servo, perché egli ci porterà da un posto all’altro per sempre, per sempre, per sempre. Monta sul suo dorso quando vai a caccia.

Il giorno dopo, tenendo alta la testa selvaggia in modo che le corna selvagge non le si impigliassero negli alberi selvaggi, venne alla Caverna la Mucca Selvaggia, e il Gatto la seguì, e si nascose, esattamente come le altre volte; e il Gatto disse le stesse cose delle altre volte; e quando la Mucca Selvaggia ebbe promesso di dare il suo latte alla Donna ogni giorno in cambio della buona erba, il Gatto tornò indietro attraverso gli Umidi Boschi Selvaggi dimenando la coda selvaggia e camminando da solo, proprio come le altre volte. Ma non disse niente a nessuno. Quando l’Uomo, tornò dalla caccia con il Cavallo e con il Cane, e fece le stesse domande delle altre volte, la Donna rispose: – Il suo nome non è piú Mucca Selvaggia, ma Colei-che-ci-Dà-il-Buon-Cibo. Essa ci darà il bianco latte caldo per sempre, per sempre, per sempre, ed io mi prenderò cura di lei mentre tu e il Primo Amico e il Primo Servo andrete a caccia.

Il giorno dopo il Gatto attese, per vedere se qualche altro Animale Selvaggio andasse alla Caverna, ma nessuno si mosse negli Umidi Boschi Selvaggi, e così il Gatto vi andò da solo; e vide che la Donna mungeva la Mucca, e vide la luce del fuoco nella Caverna, e sentí l’odore del bianco latte tiepido. Il Gatto chiese. – O mia Nemica e Moglie del mio Nemico, dove è andata la Mucca Selvaggia? La Donna rise e rispose: – Animale Selvaggio dei Boschi Selvaggi, ritorna nel Boschi, perché io ho intrecciato i miei capelli e ho riposto l’osso magico, e non abbiamo piú bisogno né di amici né di servi nella Caverna. E il Gatto disse: – lo non sono un amico e non sono un servo. lo sono il Gatto che se ne va da solo,

e desidero entrare nella Caverna. La Donna allora gli chiese: – Perchè non sei venuto con il Primo Amico la prima notte? Il Gatto si arrabbiò e disse: – Il Cane ha per caso fatto dei pettegolezzi sul mio conto? Allora la Donna rise e disse. – Tu sei il Gatto che se ne va da solo e tutti i luoghi sono uguali per te. Tu non sei né un Amico né un Servo. Vattene per conto tuo dove ti pare. Allora il Gatto finse di essere addolorato e si lamentò: Non dovrò dunque mai entrare nella Caverna? Non dovrò io mai sedermi vicino al bel fuoco? Non dovrò mai bere il bianco latte tiepido? Tu sei molto saggia e molto bella. Non dovresti essere crudele nemmeno con un Gatto-. La Donna rispose.- – Sapevo di essere saggia ma non sapevo di essere bella. Cosi io farò un patto con te. Se Io dirò mai una parola in tua lode, tu potrai entrate nella Caverna. – E se dirai due parole in mia lode? – chiese il Gatto. – Non succederà mai, – rispose la Donna – ma se dovessi mai dire due parole in tua lode, potrai sederti presso il fuoco nella Caverna. – E se dirai tre parole? – chiese ancora il Gatto. – Non succederà mai, – rispose la Donna – ma se dovessi mai dire tre parole in tua lode, potrai bere il bianco latte tiepido tre volte al giorno per sempre, per sempre, e per sempre. Allora il Gatto inarcò la schiena e proclamò: – Ed ora la Tenda all’imboccatura della Caverna, e il Fuoco dentro la Caverna, e la Ciotola del Latte che sta accanto al Fuoco, si ricordino di ciò che la mia Nemica e Moglie del mio Nemico ha detto. – Se ne andò tutto solo attraverso gli Umidi Boschi Selvaggi, dimenando la coda selvaggia. Quella notte, quando l’Uomo e il Cavallo e il Cane tornarono dalla caccia, la Donna non disse loro nulla del patto che aveva fatto con il Gatto, perchè temeva che a loro non piacesse. Il Gatto andò lontano lontano e stette nascosto negli Umidi Boschi Selvaggi, da solo, per molto tempo, finché la Donna si dimenticò completamente di lui.

Solo il Pipistrello, il piccolo Pipistrello che stava appeso al soffitto della Caverna, sapeva dove il Gatto era nascosto; ed ogni sera andava da lui per informarlo di ciò che accadeva. Una sera il Pipistrello disse: – C’è un Bambino nella Caverna. È tutto nuovo, bianco e rosa, piccolo e grassottello; e la Donna gli vuol molto bene. – Ah, – fece il Gatto ascoltando, – e che cosa piace al Bambino? – Gli piacciono le cose tiepide e carezzevoli – rispose il Pipistrello. – Gli piacciono le cose tiepide da tenere in braccio quando va a dormire. Gli piace che si giochi con lui. Gli piacciono tutte queste cose. – Ah! – fece il Gatto ascoltando – allora il mio momento è venuto.

Stette nascosto fino al mattino, quando l’Uomo, il Cavallo e il Cane andarono a caccia. La Donna era occupata a cucinare quella mattina, e il Bambino si mise a piangere e la interruppe. Allora essa lo portò fuori della Caverna, e gli diede una manciata di ciottoli perché vi giocasse. Ma il Bambino continuava a piangere. Allora il Gatto allungò la sua morbida zampina e diede lievi colpetti sulla guancia del Bambino, ed egli tacque; si sfregò

contro le sue ginocchia grassottelle e gli fece il solletico sotto il mento grassoccio, con la coda. E il Bambino rise; e la Donna lo udí e sorrise anche lei. Allora il Pipistrello, il piccolo Pipistrello che sta appeso sotto l’ingresso della Caverna, disse: – O mia Padrona e Moglie del mio Padrone e Madre del Figlio del mio Padrone, un Animale Selvaggio dei Boschi Selvaggi sta giocando con il tuo Bambino che è un piacere. – Sia benedetto quell’Animale Selvaggio, chiunque esso sia, – esclamò la Donna alzando il capo – perché avevo tanto da fare questa mattina ed egli mi ha aiutato.

In quello stesso istante, miei cari bambini, la pelle di Cavallo, che serviva da tenda all’ingresso della Caverna, cadde – paff! – perché si ricordò del patto che la Donna aveva fatto con il Gatto; e quando la Donna venne per raccoglierla, – udite, udite! – il Gatto era seduto comodamente nella Caverna. – O mia Nemica e Moglie del mio Nemico e Madre del mio Nemico, – disse il Gatto – sono io: poiché tu hai detto una parola in mia lode, ora io posso stare nella Caverna per sempre, per sempre e per sempre. Ma tuttavia io sono ancora il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me.

La Donna allora si arrabbiò molto, serrò le labbra, prese la rocca e il fuso, e si mise a filare. Ma il Bambino piangeva, perché il Gatto se né era andato via, e la Donna non riusciva a farlo tacere, per cui egli si dimenava e scalciava, finché divenne tutto rosso in viso. – O mia Nemica e Moglie del mio Nemico e Madre del mio Nemico, – disse il Gatto – prendi un pezzo di filo che stai filando, legalo all’arcolaio e trascinalo sul pavimento, e io ti farò vedere una Magia che farà ridere il tuo Bambino tanto forte quanto ora piange. – Seguirò il tuo consiglio, -.rispose la Donna – perché non so proprio piú cosa fare; ma non ti ringrazierò per ciò che farai. Essa legò il filo al piccolo arcolaio d’argiua, e lo trascinò sul pavimento, e il Gatto gli corse dietro, gli diede dei colpetti con le zampe, si rotolò íìno a toccarsi la testa con i talloni, e lo gettò per aria e lo riprese, lo insegui, finse di perderlo, gli piombò sopra di nuovo, finché il Bambino si mise a ridere tanto forte quanto prima piangeva, strisciando dietro al Gatto e saltellando per tutta la Caverna, fìnché fu stanco e si coricò per dormire, con il Gatto in braccio. – Ora, – disse il Gatto – canterò al Bambino una ninna nanna che lo farà dormire per almeno un’oretta. – E cominciò a far le fusa, piano e forte, forte e piano, finché il Bambino si addormentò profondamente. La Donna li guardò e sorrise; poi disse: – Sei stato molto abile. Non c’è niente da dire. sei molto intelligente, Gatto!

In quello stesso istante, miei cari bambini, il fumo del fuoco della Caverna scese in nuvolette dal soffitto, – paff! – perché si ricordò del patto che la Donna aveva fatto con il Gatto; e quando essa lo ebbe spazzato via – udite, udite! – il Gatto era seduto

comodamente vicino al fuoco. – O mia Nemica e Moglie del mio Nemico e Madre del mio Nemico, – disse il Gatto – sono io: poiché tu hai detto una seconda parola in mia lode, ora io posso stare vicino al tiepido fuoco per sempre, per sempre e per sempre. E tuttavia io continuo ad essere il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me.

E Allora la Donna si arrabbiò moltissimo, si sciolse i capelli e mise dell’altra legna sul fuoco; poi prese l’osso piatto della spalla di montone, e cominciò a fare un Incantesimo che doveva impedirle di dire una terza parola in lode del Gatto. Non era un Incantesimo Cantato, era un Incantesimo Silenzioso; e un poco alla volta la Caverna divenne cosí silenziosa che un piccolissimo topolino strisciò fuori da un angolo, e si mise a correre sul pavimento. – O mia Nemica e Moglie del mio Nemico e Madre del mio Nemico, – disse il Gatto. – Quel topolino fa parte del tuo Incantesimo? – Per carità! No di certo! – esclamò la Donna, e lasciò ,cadere l’osso, saltò sullo sgabello davanti al fuoco e intreccino i suoi capelli in fretta in fretta per paura che il topolino vi si arrampicasse sopra. – Ah! – fece il Gatto osservando, – allora il topo non mi farà alcun male, se lo mangio? – NO, – rispose la Donna, pettinandosi i capelli, – mangialo in fretta e ti sarò sempre riconoscente. Il Gatto fece un salto e afferrò il topolino e la Donna disse- Mille grazie. Perfino il Primo Amico non è abbastanza svelto a prendere i topolini come hai fatto tu. Devi essere molto sapiente.

In quel preciso momento, miei cari bambini, la caraffa del latte che stava vicino al fuoco si ruppe in due pezzi – crac! – perché si ricordò del patto che la Donna aveva fatto con il Gatto; e quando la Donna saltò giú dallo sgabello – udite, udite! – il Gatto stava leccando il bianco latte tiepido che stava in uno dei due cocci.

– O mia Nemica e Moglie del mio Nemico e Madre del mio Nemico, – disse il Gatto – sono io: poiché tu hai detto una terza parola in mia lode ora io posso bere il bianco latte tiepido tre volte al giorno per sempre, per sempre, e per sempre. Ma tuttavia io sono ancora il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me.

Allora la Donna rise e portò al Gatto una ciotola di bianco latte tiepido e disse: “O Gatto, tu sei furbo quanto un uomo, ma ricorda che non hai fatto nessun patto con l’Uomo o col Cane, e non so cosa faranno quando torneranno a casa”

“Cosa mi importa?” disse il Gatto. “Se ho il mio posticino vicino al fuoco ed il bianco latte tiepido tre volte al giorno, non mi importa di cosa l’Uomo o il Cane mi possono fare.”

Quella sera quando l’Uomo ed il Cane entrarono nella caverna, la Donna disse loro tutta la storia riguardo al patto, mentre il Gatto sedeva accanto al fuoco e sorrideva. Allora l’Uomo disse “Va bene, ma non ha fatto nessun patto con me o con tutti gli Uomini perbene dopo

di me.” Quindi si tolse i suoi due stivali di pelle e prese la sua piccola ascia di pietra (e fanno tre), e raccolse un pezzo di legno e un’accetta (che in tutto fanno cinque), e li mise in fila, e disse: “Ora faremo il nostro patto. Se non darai la caccia ai topi quando sei nella Caverna per sempre, per sempre, per sempre, io ti tirerò queste cinque cosa ogni volta che ti vedrò, e così fara ogni Uomo perbene dopo di me.”

“Ah”, disse la donna, che aveva sentito. “Il Gatto è intelligente, ma non tanto quanto il mio Uomo.”

Il Gatto contò le cinque cose (e sembravano molto appuntite) e disse: “Darò la caccia ai topi quando sarò nella Caverna, per sempre, per sempre, per sempre. Ma tuttavia io sono ancora il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me. ”

“Non quando sarò vicino”, disse l’Uomo. “Se tu non avessi detto questa ultima cosa avrei messo via questi oggetti per sempre, per sempre, per sempre. Ma ora ti tirerò i miei due stivali e la mia piccola ascia di pietra (e fanno tre) ogni volta che ti incontrerò. E così faranno tutti gli Uomini per bene, d’ora in poi.”

Allora il Cane disse: “Aspetta un minuto. Non ha fatto nessun patto neanche con me o con tutti i cani perbene dopo di me.” Così mostrò i denti e disse: “Se non sarai buono con il Bambino quando sei nella caverna per sempre, per sempre, per sempre, ti inseguirò finchè non ti prenderò, e quando ti prenderò ti morderò. E così faranno tutti i cani perbene dopo di me.”

“Ah”, disse la donna, che aveva sentito. “Il Gatto è intelligente, ma non tanto quanto il Cane.”

Il Gatto contò i denti del Cane (e sembravano molto appuntiti) e disse: “Sarò buono con il Bambino quando sarò nella Caverna, se non mi tirerà la coda troppo forte, per sempre, per sempre, per sempre. Ma tuttavia io sono ancora il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me. ”

“Non quando sarò vicino”, disse il Cane. “Se tu non avessi detto questa ultima cosa avrei chiuso la bocca per sempre, per sempre, per sempre. Ma ora ti caccerò fin sopra ad un albero ogni volta che ti incontrerò. E così faranno tutti i Cani per bene, d’ora in poi.”

Così l’Uomo gettò i suoi due stivali e la sua piccola ascia di pietra (e fanno tre) al Gatto, e il Gatto corse fuori dalla Caverna, e il Cane lo cacciò fin sopra un albero. E da quel giorno, O mio Carissimo, tre Uomini perbene su cinque tirano sempre qualcosa addosso ad un Gatto quando lo incontrano,e tutti i Cani perbene lo inseguono fin sopra gli alberi. Ma

anche il Gatto ha la sua parte del patto da rispettare. Dà la caccia ai topi ed è buono con i Bambini quando è in casa, se non gli tirano la coda troppo forte.

Ma quando ha fatto tutto questo e di tanto in tanto, quando la luna si alza e la notte scende, è il Gatto che se ne va solo, e per lui tutti i luoghi sono eguali.
Allora se ne va negli Umidi Boschi Selvaggi, o sopra gli Umidi Alberi Selvaggi, o sugli Umidi e Selvaggi Tetti, agitando la sua selvaggia coda, nella sua selvaggia solitudine.

Rudyard Kipling, da “Storie proprio così”

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