Home Argomenti Politica I ricordi di Elio Galanello, “La mia vita da comunista”

I ricordi di Elio Galanello, “La mia vita da comunista”

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Parrano. Elio Galanello classe 1931 è stato uno dei più giovani sindaci di Parrano, negli anni ’50 all’età di ventisei anni. Persona riservata e molto gentile, mi ha concesso questa intervista e mi ha raccontato un po’ della sua vita. Iniziamo dal suo ricordo nella Seconda Guerra Mondiale.

“Ho un ricordo nitido. Avevo dieci anni. A Parrano vi furono tanti renitenti alla leva per la Repubblica Sociale Italiana. Si nascosero tutti alle Tane del Diavolo. Quando mandarono i soldati a cercare questi ragazzi che non si erano presentati. Accerchiarono tutto Parrano. I genitori non rivelarono il loro nascondiglio e furono catturati e messi in prigione per favoreggiamento.”

Alla mia domanda se vi fosse stata qualche traccia di Resistenza a Parrano, lui mi ha risposto

”Qualcosa all’epoca bolliva in pentola. Soprattutto gli ex soldati, che ritornarono dal fronte. Volevano combattere contro i Nazifascisti. Un giorno, durante l’avanzata degli Alleati, i Nazifascisti dovettero passare per forza da Olevole perché tutti i ponti erano saltati in aria. C’era in mente un progetto per tendergli un’imboscata che poi andò in fumo. Mi ricordo che venivano le camicie nere “La Disperatissima” da Città della Pieve per menare a noi comunisti. Prima dello scoppio del Secondo Conflitto Mondiale, facevo arrivare qui a Parrano quotidianamente e distribuivo, 7 copie del giornale L’Unità.”

Adesso invece passiamo all’attività di Sindaco, come era Parrano in quel periodo?

“Era un periodo florido, c’era lavoro per tutti ed era nel pieno della popolazione. Parrano è sempre stato un paese con pochi abitanti, ma tra gli anni ’50 e ’60 arrivò ad avere più di mille abitanti. L’unica nota stonata era il rapporto con il proprietario del Castello di Parrano, Vittorio Valletta. Imprenditore di successo, amministratore delegato della Fiat, Valletta in quegli anni possedeva il Castello di Parrano con tutti i possedimenti che dava in gestione ai fattori (suoi uomini di fiducia che gestivano le sue terre). Valletta da sempre vicino al Regime Fascista, era un uomo tutto d’un pezzo.”

“Era sempre contornato dai Carabinieri, quando c’era la Stazione qui a Parrano. Mi ricordo veniva spesso il Capo della Polizia di Roma l’ufficiale Bernasconi. Non era facile avvicinarvisi. Affidava le sue terre, facenti parte dell’Azienda, ad intransigenti ex ufficiali del Regio Esercito. Un giorno scoppiò una rivolta. I parranesi morivano di fame, e un fattore non ne volle sapere di concedere un po’ del suo grano. Allora le donne del paese si munirono di asce e buttarono giù la porta del magazzino vicino all’ingresso principale del Castello.”

Non era facile avere una persona così influente vicino?

”Parrano come ora non aveva molte risorse. La nostra più grande risorsa era l’Azienda che dava lavoro a tanti contadini ed operai. I campi erano coltivati ed i boschi puliti. Diciamo era una fortuna avere una persona come lui al tuo fianco ma anche una sfortuna.”

Adesso veniamo al rapporto con il Partito Comunista. Tu sei stato da sempre comunista giusto?

“Si, sin da quando ero piccolo. Io insieme ai miei tre fratelli, che adesso purtroppo due non ci sono più, siamo stati dei rivoluzionari qui a Parrano. Un giorno durante il corteo di protesta per gli spari agli operai di Isola Liri. Io e mio fratello Emilio, suonammo senza permesso le campane. Lui fù arrestato per un mese ed io fui trattenuto in caserma. Ho speso molti dei miei anni per l’ideale del Comunismo. Quando andai a fare il militare trovai un mio amico che come me organizzava gli scioperi e le manifestazioni. Stranamente, ma non molto, eravamo tutti e due nella stessa caserma a fare il servizio di leva. Mi convocò il Colonnello e la prima cosa che mi disse, Tu sei quello degli scioperi!. Il mio operato mi precedeva. Fui nominato Segretario della Federazione dei Giovani Comunisti di Parrano. Con me ci fù il record di iscrizioni, 200 tessere circa. Per una popolazione di circa mille abitanti non è poco. Mi ricordo che feci iscrivere anche le donne. All’epoca non prendevano parte alle attività politiche. Da sempre schierate, ma mai uscite così allo scoperto.”

E qui ci scappa il sorriso.

”Non era come ora, c’era dialogo con la Federazione. C’era voglia di fare. In più, ti sentivi forte perché dalla tua parte avevi una potenza mondiale come la Russia.”

Qui mi scappa la domanda: Sei stato molto filosovietico?

“Si, ho letto molti libri sulla Seconda Guerra Mondiale e se vi è stata una qualche nota di libertà anche in Italia è grazie all’ingresso in guerra dell’URSS.”

Poi mi mostra un orologio con su l’effige di Rifondazione Comunista. “Questo me lo hanno regalato per il record di iscrizioni che feci. Ne vado molto fiero.”

E poi prende da camera sua un passaporto. “Questo lo dovetti fare nel 1957. Rastrellavano i Compagni che non erano visti di buon occhio dai fascisti divenuti poi in molti dei democristiani. Ricevetti una telefonata di un mio compagno di Roma che mi esortava ad andare alla questura e che vi era già un passaporto per me. Alla sua successiva telefonata dovevo partire immediatamente per Berlino ed alla stazione dei treni, una volta sceso dal treno, esibire dalla tasca del cappotto il giornale L’Unità. Alcuni mi avrebbero così riconosciuto e portato al sicuro in Cecoslovacchia, dove per altro c’erano altri tre compagni di Orvieto. Io gli domandai, non posso andarmene così, ho una moglie. Lui non volle sentire scuse, dicendomi che se ne sarebbero occupati loro.”

Mi è giunta voce che non sei stato sempre con il PCI, è vero?

“Si, per un periodo sono stato legato al Manifesto. Partito molto estremista. Non condividevo alcune scelte del PCI ed allora presi a fare propaganda per questo Partito. Da Terni mi ripresero, dicendo che non dovevo farlo. Io risposi, faccio quello che voglio e mi tolsi. Alle elezioni politiche riuscii a far raccogliere al Manifesto, 30 voti qui a Parrano.”

C’era un politico che ti piaceva in particolare?

“Ultimamente mi piaceva molto Bertinotti. Invece una volta discussi, si fa per dire perché eravamo amici, con Armando Cossutta. Lui aveva una casa qui a Parrano. Gli dissi che sbagliava a scindere il Partito. Così disperdi i voti.”

Siamo alla fine dell’intervista e lui si rimprovera di non ricordarsi proprio tutto. Ed io invece gli faccio notare che ha invece una bella memoria. E gli chiedo come ultima cosa, cosa ne pensa della politica attuale.

“Non la seguo tanto. Compro il giornale solo per leggere i fatti della zona. Quando vado a votare, non mi faccio tanti problemi. Voto il Partito più a sinistra possibile!”

Patrik Manganello