Fiacconi “Successo della mostra del Castello “Il Palio nel Tempo, il Tempo del Palio”

by redazione

Un percorso cronologico nella storia del Terziere Castello e del Palio dei Terzieri per onorare San Rocco ai tempi del Covid.

Si sono concluse domenica le manifestazioni dedicate a San Rocco patrono del Terziere Castello, appuntamento storico dell’estate da cui molto di ciò che oggi la città vive è partito. Anche se le normative di contenimento del contagio Covid non hanno consentito la festa tradizionale, il Terziere ha organizzato una esposizione presso la taverna per ripercorre alcuni tasselli di storia e della nascita del Palio allestendo un percorso cronologico che è rimasto visitabile per tre giornate.

È stato il modo per accendere comunque i riflettori e illuminare la lunga strada che ha visto protagonista questa porzione di Città della Pieve, le sue radici profondissime, le persone e le tappe raggiunte.

Il percorso prendeva spunto dall’esperienza, già percorsa dal Castello, del “Museo Don Oscar Carbonari” aprendo con una prima sala interamente dedicata alle origini dove, vicino ad una foto di don Oscar, il vestito originale del primo araldo quello che nei primi anni Sessanta accoglieva “Il Pievese lontano” con le chiavi della città. Sempre nella stessa stanza i vestiti realizzati da Fiammetta Mangiabene e le armature di Vittorio Massoli, l’abito del primo arciere e le foto con i volti di tante persone che in quegli anni avevano dedicato all’allora “Rione Castello” tempo e cuore.

In questa prima sala è Don Ocar Carbonari il protagonista, giovane prete che arriva per sostituire Don Pompeo Perai fucilato dai tedeschi, seminarista ad Assisi conosce il Calendimaggio e le rievocazioni storiche. Comprende che la città deve essere ricostruita non solo materialmente, ma anche umanamente, nel tessuto sociale e nelle relazioni. È lui che ha l’idea di implementare i festeggiamenti laici di San Rocco con l’ “esperimento sociale” del Pievese Lontano. Una occasione per tenere insieme diverse anime della città, chi è rimasto e chi ha cercato lavoro e fortuna fuori dalle mura; un momento di memoria, ma anche di confronto, di socialità.

È Don Oscar che insiste perché le altre porzioni di città entrino nella rievocazione, questa la narrazione dei volontari che con calore e colore di aneddoti e racconti hanno guidato turisti e pievesi attraverso velluti, stoffe preziose, gioielli, scarpe e cappelli dell’età di Perugino.

Fra gli oggetti del prete compaiono due gagliardetti dipinti a mano realizzati probabilmente da Filiberto Cappannini che fu anche l’ideatore del logo del Castello.

Nelle sale successive, quelle che a dicembre ospitano il Presepe Monumentale e che i “padri sampietrini” restaurarono con grande impegno fin dal 1967, addirittura nel giardino trovarono ancora depositate le macerie della Guerra, in quelle sale i visitatori hanno visto la progressione di ricerca e di studio per gli abiti del corteo, dai velluti fiorentini alle prime commesse alle sartorie teatrali fiorentine; non più vestiti affittati, ma un vero e proprio patrimonio del Terziere.

Quattro abiti degli anni Ottanta e Novanta e due abiti acquistati fra il 1997 e il 2013 anni in cui è la “Sartoria Antonietta” di Firenze a seguire le sorti del corteo; un luogo magico che dai tempi dei “Vitelloni”è attiva nella realizzazione di abiti per cinema e la lirica oltre all’impegno negli abiti storici del “Calcio Fiorentino”.

Patrimonio che ha ripreso vita in un ideale corteo nella storia e della storia fino a raccontare le ultime scelte e gli ultimi investimenti; i vestiti disegnati dal costumista Alessandro Lai e realizzati dalla Sartoria Gelsi; coppia celebre per tanti lavori teatrali e televisivi fino all’ultimo successo: la fiction sulle vicende della famiglia fiorentina dei Medici.

Al centro dei quattro vestiti dell’ultima sala, abiti che incarnano la storia contemporanea del Terziere Castello, faceva bella mostra di sé in un leggio una copia delle “Notizie storiche di Città della Pieve” di Antonio Baglioni, la copia di Don Oscar offerta con grande generosità dal nipote; quella copia dove con tutta probabilità Don Oscar ha studiato il Palio, ciò che lo ha preceduto. Un libro che racconta, lo fanno gli appunti del prete, le sue sottolineature, i ritagli di giornale dei primi successi del Palio gelosamente custoditi.

Un cerchio che si chiude.

L’impegno dei volontari verde e neri è stato ampiamente ripagato da una buona risposta dei visitatori che, nel rispetto della normativa covid, hanno respirato i colori, l’oralità della tradizione e le immagini di questa porzione di Città della Pieve che ha molti progetti nuovi in cantiere in attesa che i vestiti, sfilati dai manichini, tornino a sfilare verso il campo delle monache di Santa Lucia per la tenzone.

Gaetano Fiacconi

 

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