Se qualcuno scriverà qualcosa su questa “TELENOVELA DEGLI ESCLUSI” che riguarda la sanità dei comuni rivieraschi del Sud Trasimeno e di quelli del Pievese e dell’Alto Orvietano, deve soffermarsi a rileggersi con attenzione atti e misfatti dell’anno di Grazie 2018. Con le due sentenze pronunciate prima dal Tar dell’Umbria e poi dal Consiglio di Stato.
Sentenze? Si sentenze, perchè dopo qualche millennio dal diritto greco e romano, due secoli dalla Rivoluzione Francese, un secolo e mezzo dall costituzione dello stato unitario italiano, ottanta anni dalla repubblica democratica, mezzo secolo dalla costituzione delle Regioni, in questo dimenticato lembo di terra della dimenticata Terra di Mezzo, i diritti umani più inviolabili, per quanto riguarda i semplici cittadini, ed i loro più diretti rappresentanti, i Comuni, non si possono risolvere sul terreno della partecipazione e del confronto politico , ma su quello delle aule dei tribunali.
Cosa vedranno in queste due sentenze che hanno come protagonisti, da una parte il piccolo comune di Montegabbione, contro la Regione della Marini, e poi la Regione della Marini con il Consiglio di Stato presieduto dall’ex ministro berlusconiano Franco Frattini, contro sempre i piccoli comuni di Montegabbione e questa volta quello di Città della Pieve, più il Comitato Cittadino?
Vedranno trattati i loro problemi di salute, tramite l’insopportabile linguaggio giuridico i ìperspecialistico, a colpi di delibere e di atti programmatori. Chi avrà la briga di leggersi il tutto lo pubblichiamo integralmente a seguire. La sostanza dice che mentre il Tar aveva nella sentenza che si discute in appello, dato ragione al Comune di Montegabbione, per la parte riferita alla chiusura del Pronto Soccorso, Il Consiglio di Stato nega anche questa opportunità, portando due argomenti a favore della Regione. Il primo è quello che gli atti di programmazione regionale avevano già previsto da tempo tutto, fin dal 2014. E che per quanto riguarda il presidio di un ospedale e pronto soccorso di zona svantaggiata questo non è un obbligo ma soltanto una possibilità laddove non siano rispettati i tempi di soccorso. Tempi che secondo questo organo giudicante, sono rispettati per la presenza degli ospedali e dei relativi pronti soccorsi di Perugia, Castiglione del Lago ed Orvieto. Amen si potrebbe dire. E magari aggiungere un augurio a detti giudici di fare qualche esperienze del rispetto dei tempi di persona. Ma poi si aggiunge una chicca. Che va gustata, bile permettendo. Si aggiunge ed abbiamo estratto il passaggio dal corpo complessivo della sentenza proprio qui di seguito. Si aggiunge infatti che era in corso di valutazione il progetto di un elisoccorso al servizio di quest’area. Un Elisoccorso! Già era stata la promessa fatta dalla Marini in una affollata assemblea. Ma non avrei mai immaginato di trovarla nel testo di una sentenza e negli argomenti di una giunta che ha distrutto la sanità di questa zona, prima di trovare il becchino finale nella attuale nuova maggioranza. Non ho più seguito la vicenda. Ma mi pare di aver letto da qualche parte che sia stato deciso di fare l’elisoccorso a Foligno, in rapporto con le Marche. Ma guarda! Che fantasia! Dateci i 150 posti letto che ci spettano, con i relativi servizi qualificati. Poi fatevi l’elisoccorso dove credete, anche in cima al Monte Subasio!
(g.f)
Brani della sentenza….
In questa prospettiva, la delibera n. 227/2017 mostra di recepire l’esigenza di potenziare il servizio 118 a Città della Pieve a seguito della soppressione dell’ospedale e della riconversione in Casa della Salute, dato che dispone la contestuale adozione di un nuovo modello organizzativo dell’Area dell’Emergenza Urgenza presso la Casa della Salute comprendente una “postazione 118 H 24”, l’attivazione sperimentale di un “Punto di Prima Assistenza … consistente in una turnazione medica ed infermieristica H 24” e una “valutazione di fattibilità … per la realizzazione di una elisuperficie … con organizzazione di una postazione strutturata per il trasporto sanitario mediante elisoccorso H 12 diurno ed eventuale H 12 notturne come punto spoke dell’area del Trasimeno, integrato con il sistema di soccorso a terra”.
Dell’attualità di dette esigenze dà ulteriormente atto la AUSL, nel segnalare (cfr. nota 28652 in data 22 febbraio 2018, che manifesta l’intenzione di appellare la sentenza del TAR) che “come da programma, sono in fase di avanzata realizzazione i progetti relativi all’operatività di un’auto medica ed alla implementazione di una superficie per l’elisoccorso con funzione anche notturna”.
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Pubblicato il 19/09/2018
N. 05459/2018REG.PROV.COLL. N. 01684/2018 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1684 del 2018, proposto da Azienda Usl Umbria n. 1, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Rampini, Luca Benci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44;
Comune di Montegabbione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Federico Muzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – anche appellante incidentale;
– Regione Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Paola Manuali, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede della Regione Umbria in Roma, via Barberini, 11 – anche appellante incidentale;
– Comitato per il Diritto Alla Salute – art. 32 Costituzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Letizia Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Cardinali, in Roma, via Bevagna, 46 – anche appellante incidentale;
ad opponendum: Comune di Citta’ della Pieve, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimiliano Bellavista, Andrea Maltoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domiciliato presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
della sentenza del T.A.R. UMBRIA – PERUGIA, SEZIONE I, n. 00098/2018, resa tra le parti, concernente chiusura delle attività di carattere ospedaliero presso il presidio di Città della Pieve;
Visti il ricorso in appello principale della AUSL Umbria n. 1 ed i relativi allegati; Visto il ricorso incidentale proposto dalla Regione Umbria;
Visti gli atti di costituzione in giudizio e ricorso incidentale del Comune di Montegabbione e del Comitato per il Diritto Alla Salute – art. 32 Costituzione;
Visto l’intervento in giudizio del Comune di Città della Pieve;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 luglio 2018 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Mario Rampini per sé e su delega di Paola Manuali, Letizia Romano per sé e su delega di Federico Muzi, Paolo Sanchini e Andrea Maltoni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia origina dalla delibera della Azienda USL Umbria n. 1, n. 227 in data 22 febbraio 2017, con la quale, a far data dal 1° marzo 2017, è stata disposta la chiusura di tutte le attività a carattere esclusivamente ospedaliero svolte presso il presidio di Città della Pieve – in sostanza, attività di ricovero di Medicina e Neurologia e attività di Pronto Soccorso (ed è stato approvato il piano attuativo per la riconversione dell’ospedale in una Casa della Salute, struttura
sanitaria finalizzato alla cura di patologie cronico-degenerative legate all’invecchiamento della popolazione).
2. Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al TAR Umbria dal Comune di Montegabbione, i cui cittadini, in ragione della vicinanza (circa 10 km), usufruivano prevalentemente del presidio di Città della Pieve.
Il Comune ha dedotto vizi di violazione degli artt. 32 e 97 Cost., dell’art. 3, comma 6, del d.P.R. 27 marzo 1992 e del documento Stato Regioni del 2 dicembre 1991 ad esso allegato, nonché della legge 241/1990, anche con riferimento alle figure sintomatiche dell’eccesso di potere.
In sostanza, ha lamentato: che non fosse stato chiamato a partecipare alle conferenze dei sindaci convocate sul tema della soppressione del presidio ospedaliero; che, nel valutare la soppressione dell’ospedale, sarebbero state preferite esigenze di tipo burocratico/organizzativo a discapito del diritto alla salute dei cittadini; che la decisione non considera che l’ospedale di Castiglione del Lago, destinato in base alla precedente delibera n. 506/2014 a svolgere le funzioni soppresse, sia inidoneo per l’impossibilità strutturale di ampliamenti dovuta al vincolo monumentale, mentre il presidio soppresso era sede di una stroke unit per la cura degli ictus di eccellenza a livello nazionale; che non sia stata valutata la possibilità di mantenimento di presidi ospedalieri consentita per le aree disagiate dal punto 9.2.2. del d.m. 70/2015 e dal Patto per la salute 2014-2016, e che non venga assicurato il rispetto dei tempi degli interventi di emergenza-urgenza ivi previsti (la soppressione del pronto soccorso comporterebbe che i cittadini del Comune di Montegabbione possano essere soccorsi soltanto dopo lunghi tempi di percorrenza – anche oltre un’ora di sola andata – da parte delle ambulanze provenienti dagli ospedali più vicini).
3. La Regione Umbria e l’AUSL Umbria n. 1 hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, alla luce del carattere meramente esecutivo della delibera n. 227/2017 rispetto agli atti programmatori con i quali è stata decisa la soppressione del presidio, nonché per difetto di legittimazione attiva del Comune ricorrente, in ragione della sua appartenenza all’ambito territoriale della AUSL Umbria n.2.
4. Si è altresì costituito nel giudizio in primo grado, con atto di intervento ad adiuvandum in favore del Comune ricorrente, il “Comitato per il Diritto alla Salute – Art. 32 Costituzione”.
5. Il TAR Umbria, con la sentenza appellata (n. 98/2018), ha parzialmente accolto il ricorso, annullando in parte qua il provvedimento impugnato.
Dopo aver disatteso le suddette eccezioni di inammissibilità, ed aver, viceversa, ritenuto inammissibile per difetto di legittimazione l’intervento del Comitato (in quanto costituito ad hoc dopo la notificazione del gravame), il TAR ha
ritenuto fondata l’impugnazione “limitatamente alle censure proposte avverso la disposta soppressione dell’attività di pronto soccorso”, giudicando infondate le altre censure.
A tal fine, il TAR, premettendo che l’organizzazione del servizio di pronto soccorso deve rispondere ad un nucleo irriducibile del diritto alla salute, per sua stessa natura insuscettibile di essere compresso o ridotto in forza di qualunque altra esigenza politico-amministrativa, tanto meno di carattere finanziario, ha affermato (punti 3.3. e 3.4.), con riferimento al d.m. 70/2015, “l’irragionevolezza di una applicazione della normativa nel senso di legittimare soppressioni e/o trasferimento definitivi di presidi di pronto soccorso che costringano l’utenza a rivolgersi a servizi il cui espletamento richieda un aumento dei tempi di percorrenza (andata e ritorno) oltre il limite di 60 minuti indicato dalla normativa (…) E ciò a maggior ragione nel caso di specie, in cui la conformazione oro-geografica e le condizioni di viabilità dell’intera zona, incidono negativamente e strutturalmente sulla effettiva percorribilità nei tempi prescritti dagli standard di emergenza/urgenza, soprattutto nel periodo invernale a causa delle prevedibili avverse condizioni climatiche”.
6. La sentenza è appellata dalla AUSL Umbria n. 1 e, nelle forme dell’appello incidentale, dalla Regione Umbria, mediante censure sostanzialmente coincidenti.
6.1. Si prospetta anzitutto che:
– erroneamente il TAR ha disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione del Comune di Montegabbione, non essendo sufficienti a costituirla la vicinanza all’ospedale soppresso e la contribuzione dei suoi cittadini, tramite la AUSL n. 2 di appartenenza, alla spesa sanitaria della AUSL n. 1;
– parimenti erronea è la valutazione dell’eccezione di omessa e comunque tardiva impugnazione degli atti presupposti, con i quali da anni è stata definita la sorte dell’ospedale di Città della Pieve in senso conforme a quanto infine disposto con la delibera n. 227/2015, ma che non sono stati fatti oggetto di specifiche censure in primo grado.
6.2. Nel merito, si sostiene che:
– la sentenza appellata, nel censurare le modalità di funzionamento del servizio di trasporto dei pazienti di Montegabbione al più vicino pronto soccorso, conseguenti alla soppressione del presidio di Città della Pieve (in quanto si verificherebbe un aumento dei tempi di percorrenza, andata e ritorno, oltre il limite previsto dal d.m. 70/2015), sia incorsa in un equivoco di fondo, consistente nel confondere tra i servizi espletati dalle “Centrali Operative 118”, dalla “Rete territoriale di soccorso” e dalla Rete ospedaliera”, vale a dire dalle tre diverse articolazioni di cui si compone la c.d. Rete dell’emergenza-urgenza” (punti 9 ss. del d.m. 70/2015);
– in realtà, mentre il servizio svolto dalle centrali operative del 118 (basato su una dimensione regionale) non è stato minimamente intaccato dalla delibera n. 227/2017, secondo il d.m. 70/2015 il servizio di pronto soccorso può essere svolto esclusivamente in determinate tipologie di strutture ospedaliere ed in presenza dei presupposti indicati ai punti 9.2. ss. (tra cui, quelli concernenti i di tempi massimi di percorrenza), che nel caso del territorio di Città della Pieve e Montegabbione non sussistono (e che per l’ospedale di Città della Pieve non sussistevano nemmeno prima dell’adozione dei provvedimenti che ne hanno stabilito la riconversione);
– infatti, i tempi di percorrenza massimi previsti dal d.m. 70/2015 devono essere riferiti alla sola tratta dal prelievo del paziente all’arrivo al pronto soccorso più vicino, e risultano rispettati, nei confronti dell’ospedale di Castiglione del Lago e di quello di Orvieto (60 minuti, in quanto ospedali DEA di I° livello -spoke) e del Policlinico di Perugia (90 minuti, in quanto ospedale DEA di II° livello -hub);
– vi è comunque contraddittorietà tra la pronuncia di reiezione delle censure rivolte alla chiusura dell’ospedale e l’accoglimento di quelle relative alla soppressione del servizio di pronto soccorso, posto che normativamente non può esistere un pronto soccorso senza la dotazione minima di reparti ospedalieri richiesta dal d.m. n. 70/2015.
7. Il Comune di Montegabbione ha proposto controricorso e appello incidentale, argomentando a sostegno della pronuncia di accoglimento, e riproponendo le censure disattese dal TAR.
7.1. Prospetta, a supporto della decisione di accoglimento in primo grado, che:
– gli atti presupposti alla delibera n. 227/2017 costituiscono atti meramente organizzatori e/o di indirizzo politico, che non hanno determinato la lesione del diritto alla salute dei cittadini di Montegabbione e non andavano pertanto impugnati; comunque, non sono mai stati portati a conoscenza del Comune, il quale non è mai stato invitato a partecipare alle relative conferenze di servizi ed ha avuto contezza solo della delibera della ASL n. 1 n. 506/2014 – che è stata impugnata mediante uno specifico motivo di ricorso, nella parte in cui dispone l’assorbimento delle funzioni dell’ospedale di Città della Pieve da parte di quello di Castiglione del Lago (peraltro, detta delibera è divenuta illegittima per contrasto con il d.m. 70/2015, non possedendo l’ospedale di Castiglione del Lago i requisiti per essere mantenuto come ospedale sede di pronto soccorso); in ogni caso, con la formula “tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti”, si è voluto impugnare tutti gli eventuali atti non conosciuti che avessero concorso all’effetto di determinare la chiusura dell’ospedale, per i motivi indicati nel ricorso;
– non vi è stata confusione o commistione tra la disciplina del Servizio 118 e quella del Pronto soccorso, in quanto il gravame è stato proposto proprio perché presso la struttura di Città della Pieve, dopo la riconversione, non potrebbero più essere svolte funzioni proprie del Pronto soccorso; d’altra parte, anche la successiva istituzione a Città della Pieve di un Punto di Prima Assistenza, poi divenuto Punto di Primo Soccorso, oltre che non prevista dalla normativa (si tratterebbe in realtà di un Punto di Primo intervento, previsto dal punto 9.1.3. del d.m. 70/2015 in caso di dismissione dell’ospedale, ma soltanto a tempo limitato) non garantisce affatto l’attività di emergenza-urgenza relativa al trattamento dei pazienti con codici gialli e rossi;
– sia Montegabbione che Città della Pieve sono Comuni montani, inseriti in un Progetto pilota regionale riguardante “aree interne particolarmente disagiate”, e Montegabbione inoltre si trova a quasi 600 metri di altitudine, ha una temperatura media di 12,4 gradi e quasi 800 mm di precipitazioni medie annue, per cui è evidente che si tratti di un’area particolarmente disagiata, ai fini dell’applicazione del punto 9.2.2. del d.m. 70/2015 che prevede l’istituzione di presidi ospedalieri in deroga ai parametri ordinari; tanto più che l’emergenza-urgenza sul territorio non è sufficientemente garantita attraverso le postazioni del 118;
– poiché l’autoambulanza “medicalizzata” (ovvero, munita di autista soccorritore, infermiere e medico esperto nell’emergenza-urgenza), necessaria per i codici gialli e rossi, parte dall’ospedale sede di pronto soccorso, i tempi di percorrenza massimi previsti dal d.m. 70/2015 devono necessariamente essere calcolati come comprensivi di andata e ritorno;
– i tempi di percorrenza, calcolati da e per qualunque dei pronto soccorso di riferimento della zona (Castiglione del Lago, Perugia, Orvieto e Terni), sono superiori a 60 minuti; le ambulanza site a Fabro Scalo, Città della Pieve e Passignano sul Trasimeno non sono “medicalizzate”, ma comunque, partendo da tali presidi (nonché dall’ospedale di Castiglione del Lago), non potrebbero essere rispettati i predetti tempi massimi rispetto alla frazione più isolata dal Comune di Montegabbione (Montegiove);
– non vi è contraddittorietà tra l’accoglimento e la reiezione delle altre censure, in quanto i presupposti (dotazione dei presidi ospedalieri necessari a supportare un pronto soccorso) richiesti dal punto 9.2.2. del d.m. 70/2015 non sono tassativi, posto che la disposizione utilizza l’espressione “orientativamente”, e comunque non devono essere già presenti affinché venga mantenuto un ospedale, potendo invece essere costituiti ex novo; in ogni caso, l’ospedale di Città della Pieve era dotato dei reparti indicati al punto 9.2.2.
7.2. Lamenta, riguardo alla reiezione delle altre censure, che:
– la pronuncia del TAR è erronea, nella parte in cui non viene disposta la riapertura dell’ospedale di Città della Pieve in quanto l’attività ospedaliera sarebbe garantita dal programmato aumento di posti letto presso l’ospedale di Castiglione del Lago, posto che, viceversa, detto ospedale risulta inidoneo ad accogliere ulteriori pazienti dato che non può essere ampliato a causa di vincoli di carattere architettonico-monumentale, e non possiede le caratteristiche di alcuna delle tipologie di presidi che possono ospitare un servizio di pronto soccorso secondo le previsioni del punto 9.2.1. del d.m. 70/2015 (ad esso necessariamente applicabili, non trovandosi in area disagiata); ciò, come esposto, a differenza di quello di Città della Pieve, che era sede di una stroke unit per la cura degli ictus considerata di eccellenza a livello nazionale, ed era in regola con le previsioni regolamentari di cui al punto 9.2.2. del d.m. 70/2015;
– la chiusura dell’ospedale pievese appare tanto più illogica, giacché è avvenuta nonostante la Regione Umbria rientri già ampiamente nel parametro del rapporto posti letto accreditati SSR/abitanti (2,95 a fronte del limite di 3,7 previsto dal d.m. 70/2015).
8. Anche il Comitato per il diritto alla salute-Art. 32 Costituzione ha proposto appello incidentale.
8.1. Ha dedotto l’erroneità della pronuncia di inammissibilità del proprio intervento, sottolineando che possiede tutti i requisiti elaborati dalla giurisprudenza al fine di agire in giudizio come portatore di interessi diffusi (carattere non occasionale degli obiettivi di protezione dell’interesse dedotto; adeguato grado di rappresentatività e stabilità durevole nel tempo; area di afferenza ricollegabile al bene a fruizione collettiva che si assume leso), che non è un comitato “di comodo”, stante l’importanza e la diffusione della problematica affrontata, e che l’intervento in causa è sempre ammesso entro il limite previsto dall’art. 28, comma 2, cod. proc. amm.
8.2. Riguardo alla pronuncia di accoglimento, nonché alle censure di violazione del d.m. 70/2015 disattese dal TAR, ha prospettato argomentazioni del tutto analoghe a quelle dedotte dal Comune di Montegabbione.
9. E’ intervenuto ad opponendum, rispetto agli appelli di AUSL e Regione, il Comune di Città della Pieve, prospettando argomentazioni analoghe a quelle del Comune di Montegabbione e del Comitato suddetto (salvo quanto appresso precisato).
10. Tutte le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.
11. Il Collegio osserva anzitutto che la decisione del TAR sull’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum del Comitato appare condivisibile, in quanto conforme alla giurisprudenza di questo Consiglio, secondo la quale spontanei comitati o associazioni di cittadini possono ritenersi legittimati ad impugnare provvedimenti ritenuti lesivi di interessi comuni meno se (tra le altre condizioni) la loro attività si è protratta nel tempo e se, quindi, non si costituiscono in funzione delle impugnazioni di singoli atti e provvedimenti (cfr. in ultimo, Cons. Stato, IV, n. 1838/2018).
Il Comitato, nell’appellare, sostiene di possedere detti requisiti, e che, comunque, la legittimazione ad impugnare sarebbe diversa da quella ad intervenire.
Tuttavia, ciò che manca al Comitato, in relazione ai presupposti indicati dalla giurisprudenza – ed alla luce della circostanza che risulta costituito in data 12 giugno 2017, mentre il ricorso introduttivo è stato notificato il 24 aprile 2017 – è proprio la legittimazione attiva, vale a dire quella posizione soggettiva sostanziale che viene riconosciuta ad un soggetto esponenziale di interessi diffusi solo qualora siano ravvisabili determinate caratteristiche, indici di un radicamento nel territorio e di un collegamento con la collettività ivi insediata stabili ed organizzati.
Il gravame del Comitato non può pertanto essere ulteriormente considerato.
Può ribadirsi, peraltro, che, in concreto, la prospettazione in giudizio del Comitato non ha aggiunto nulla di sostanziale a quella del Comune di Montegabbione.
12. Possono quindi esaminarsi l’appello principale della AUSL n. 1 e quello, omologo, della Regione Umbria.
12.1. Il Collegio ritiene corretta la valutazione del TAR di insussistenza del difetto di legittimazione del Comune di Montegabbione.
Infatti, in un contesto organizzativo nel quale le cure possono essere fruite, a determinate condizioni, anche presso strutture diverse da quelle esistenti nella Azienda di riferimento del Comune di residenza, la ricomprensione in un diverso ambito territoriale del SSR non può condizionare la legittimazione ad impugnare gli atti che incidono sulla vita quotidiana e sul diritto alla salute; tanto più in un caso come quello in esame, laddove la distinzione tra le ASL segue ormai i confini amministrativi provinciali, a prescindere da logiche funzionali basate sulla vicinanza e facilità di accesso. Le circoscrizioni in cui è organizzato il SSR, pertanto, incidono sulla partecipazione necessaria ai procedimenti amministrativi relativi alle scelte di programmazione, eventualmente (come nel caso in esame) limitandola; ma, una volta che queste siano state prese, non possono comprimere il diritto alla tutela giurisdizionale.
I rilievi della vicinitas e della potenziale contribuzione alla spesa sanitaria, sottolineati dal TAR, esprimono correttamente l’esistenza di una situazione soggettiva piena e non condizionata, in capo ai cittadini ed ai loro enti esponenziali, nei confronti dei provvedimenti che, conformando le opportunità di fruire dell’assistenza sanitaria, incidono in modo concreto sul diritto alla salute.
12.2. Condivisibile è anche la decisione sull’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per omessa impugnazione degli atti presupposti.
In effetti, la sequenza di atti richiamata nelle premesse della delibera n. 227/2017 sembra dimostrare che la decisione di sopprimere i reparti ospedalieri e riconvertire, attraverso appositi interventi di ristrutturazione edilizia, il presidio di Città della Pieve in una struttura a prevalente vocazione territoriale volta all’erogazione di assistenza c.d. a lungo termine, risalga ad atti presupposti risalenti nel tempo.
In questa prospettiva, l’appellante principale ha evidenziato, in ordine cronologico: la delibera della ex USL n. 2 (poi confluita nell’ASL n. 1) n. 506/2014, concernente il “Progetto di riqualificazione dell’assistenza sanitaria dell’ambito distrettuale del Trasimeno” e la d.G.R. n. 808/2014, con cui detto Progetto è stato approvato; la d.G.R. n. 212/2016, con cui è stato approvato il “Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera regionale” in attuazione del d.m. 2 aprile 2015, il cui Allegato B individua un piano della rete ospedaliera articolato, per la AUSL Umbria n. 1, in 5 ospedali di base e 2 ospedali con DEA, e sancisce la riconversione dell’ospedale di Città della Pieve in presidio sanitario territoriale; la delibera della AUSL Umbria n. 1 n. 1453/2016, con cui è stato adottato, in attuazione delle d.G.R. n. 212/2016, n. 963/2016 e n. 1513/2016, il “Piano di riorganizzazione degli Ospedali dell’Azienda …”, ridefinendosi la struttura dei servizi ospedalieri in linea con quanto disposto dal d.m. 70/2015.
E’ indubbio che si tratti di atti organizzatori, così come, del resto, la delibera n. 227/2017, ma ciò non fa venir meno la loro lesività. Se anche il contenuto degli atti presupposti richiedeva un atto attuativo, quale la delibera n. 227/2017, volta a definire modalità e tempistica della soppressione e della correlata riconversione, ciò avrebbe potuto rilevare ai fini dell’attualità della lesione, e quindi della decorrenza del termine di impugnazione. Non invece ai fini della necessità di impugnare mediante specifiche censure, insieme con l’atto attuativo, anche gli atti che avevano comportato – in modo definitivo e non condizionato ad eventi futuri e incerti – la decisione contestata.
Tuttavia, nelle premesse della deliberazione n. 227/2017 i suddetti provvedimenti vengono citati, ma non ne risulta esplicitato, nemmeno in sintesi, il contenuto, almeno per quanto concerne la soppressione dell’ospedale di Città della Pieve.
Pertanto, l’unico atto presupposto del quale risulta provata prima del giudizio la conoscenza della portata lesiva da parte del Comune di Montegabbione è la delibera n. 506/2014, e difatti nei confronti di essa sono state svolte specifiche censure, incentrate sull’impossibilità di ampliare l’ospedale di Castiglione del Lago.
Poiché l’individuazione degli atti impugnati deve essere operata non con riferimento alla sola epigrafe, bensì in relazione all’effettiva volontà del ricorrente, quale è desumibile dal tenore complessivo del gravame e dal contenuto delle censure (cfr. Cons. Stato, V, n. 1242/2016), l’onere di impugnazione deve ritenersi assolto.
13. Prima di esaminare ulteriormente gli appelli di AUSL e Regione, occorre esaminare l’intervento in appello del Comune di Città della Pieve.
L’AUSL appellante ne ha eccepito l’inammissibilità, in quanto il Comune risultava cointeressato del Comune di Montegabbione ricorrente e sarebbe stato legittimato ad impugnare l’atto annullato dal TAR (cfr. Cons. Stato, IV, n. 853/2016). Infatti, anche ai sensi dell’art. 28 cod. proc. amm., l’intervento nel processo amministrativo non è litisconsortile o autonomo, bensì adesivo dipendente a sostegno delle ragioni delle parti, ed è consentito a condizione che il soggetto, se legittimato, non sia decaduto dal diritto di impugnare il provvedimento.
Tale considerazione vale anche per il grado di appello, poiché altrimenti verrebbe surrettiziamente consentita a favore dell’interveniente l’elusione dei termini decadenziali previsti per l’impugnazione di primo grado.
Il Comune di Città della Pieve ha replicato che la sua posizione in primo grado sarebbe stata semmai quella di controinteressato pretermesso, avendo da tempo formalmente manifestato una posizione favorevole alla chiusura del plesso ospedaliero principale ed al mantenimento del servizio di pronto soccorso con le modalità previste dal punto 9.2.2. del d.m. 70/2015; sicché, se il ricorso del Comune di Montegabbione fosse stato integralmente accolto, sarebbe stato legittimato a proporre opposizione di terzo. In concreto, non aveva interesse a ricorrere, dato che la delibera n. 227/2017 ha disposto solo la chiusura del plesso ospedaliero, di fatto rimandando ogni questione sul mantenimento del pronto soccorso ad ulteriori decisioni amministrative. Il Collegio osserva che la portata applicativa della delibera n. 227/2017 è univoca nel determinare la chiusura delle attività in essere a Città della Pieve, ivi compresa quella del pronto soccorso, e la riconversione della struttura a diverse finalità. Pertanto, in conformità all’orientamento di questo Consiglio invocato dalla AUSL,
l’intervento risulta inammissibile.
Peraltro, sul piano concreto, le argomentazioni dedotte dal Comune di Città della Pieve appaiono sostanzialmente coincidenti con quelle dedotte dal Comune di Montegabbione. Rispetto a quest’ultime, costituisce elemento sostanzialmente innovativo il rilievo della inefficacia sopravvenuta della delibera n. 506/2014; rilievo che diviene tuttavia irrilevante alla luce dell’esito dell’eccezione di inammissibilità esaminata al punto precedente. Peraltro, il rilievo non avrebbe inciso su tale esito, posto che, come ha puntualizzato in replica la AUSL, la d.G.R. 212/2016 ha provveduto ad adeguarsi al d.m. 70/2015, e, in attuazione di essa, con delibera della AUSL n. 1 n. 1453/2016 è stato approvato il Piano di riorganizzazione degli ospedali, confermando la medesima strutturazione della rete ospedaliera posta alla base della delibera n. 506/2014 (e non fa differenza che si tratti, come eccepito in replica dal Comune di Città della Pieve, di mera conferma avvenuta senza una nuova valutazione discrezionale).
Può aggiungersi che nell’atto di intervento è sviluppato anche il rilievo secondo il quale il presidio di Castiglione del Lago non potrebbe essere mantenuto in assenza del requisito del bacino minimo di utenza richiesto dal punto 9.2.1. ed in mancanza della possibilità di deroga consentita dal punto 9.2.2. Detto ultimo rilievo configura un vizio autonomo del provvedimento, e, come tale, non è ammissibile venga introdotto nel giudizio mediante atto di intervento. Qualora, come sostenuto in replica dal Comune di Città della Pieve, si trattasse dello sviluppo di censure già dedotte dal Comune di Montegabbione con il proprio controricorso e appello incidentale, non potrebbe che seguirne le sorti, nel senso precisato in prosieguo.
14. Per quanto concerne il merito dell’accoglimento disposto dal TAR, il Collegio ritiene che la sentenza appellata contenga effettivamente argomentazioni che fanno supporre una commistione tra l’organizzazione del Servizio 118 e quella della rete ospedaliera per quanto concerne il mantenimento del pronto soccorso, aspetti certamente distinti anche se correlati
Ad avviso del Collegio, tuttavia, ciò non ha impedito al TAR di cogliere la sostanza delle censure dedotte.
E’ comunque opportuno svolgere al riguardo alcune precisazioni, al fine di delimitare l’oggetto della controversia. Riguardo al Servizio 118, Regione e AUSL sottolineano che non è stato intaccato dalle decisioni concernenti l’ospedale di Città della Pieve, e che, anzi, a seguito ed in attuazione della delibera n. 227/2017, detto servizio è stato potenziato. Controparti contestano tale assunto, e sottolineano che i tempi di raggiungimento del più vicino pronto soccorso idoneo si sono molto allungati.
Il Collegio osserva che la soppressione dell’ospedale di Città della Pieve comporta ovviamente un allungamento dei suddetti tempi di raggiungimento dell’ospedale più vicino, non solo per i cittadini pievesi ma anche per quelli di Montegabbione, che si trova a pochi minuti di distanza.
D’altra parte, l’efficienza (tempestività) del servizio di trasporto in ospedale dei pazienti dipende sia dalla diffusione sul territorio delle strutture ospedaliere e relativi pronto soccorso, sia dalla diffusione dei punti di stazionamento e di partenza delle autoambulanze e della loro dotazione di mezzi e personale sanitario (vale a dire, dall’organizzazione del servizio 118).
In questa prospettiva, la delibera n. 227/2017 mostra di recepire l’esigenza di potenziare il servizio 118 a Città della Pieve a seguito della soppressione dell’ospedale e della riconversione in Casa della Salute, dato che dispone la contestuale adozione di un nuovo modello organizzativo dell’Area dell’Emergenza Urgenza presso la Casa della Salute comprendente una “postazione 118 H 24”, l’attivazione sperimentale di un “Punto di Prima Assistenza … consistente in una turnazione medica ed infermieristica H 24” e una “valutazione di fattibilità … per la realizzazione di una elisuperficie … con organizzazione di una postazione strutturata per il trasporto sanitario mediante elisoccorso H 12 diurno ed eventuale H 12 notturne come punto spoke dell’area del Trasimeno, integrato con il sistema di soccorso a terra”.
Dell’attualità di dette esigenze dà ulteriormente atto la AUSL, nel segnalare (cfr. nota 28652 in data 22 febbraio 2018, che manifesta l’intenzione di appellare la sentenza del TAR) che “come da programma, sono in fase di avanzata realizzazione i progetti relativi all’operatività di un’auto medica ed alla implementazione di una superficie per l’elisoccorso con funzione anche notturna”.
L’impugnazione proposta in primo grado non ha investito il Servizio 118 e gli atti che ne hanno disposto l’organizzazione, le risorse e la relativa dislocazione.
D’altra parte, anche in appello, la contestazione dell’efficacia delle misure compensative previste dalla delibera n. 227/2017 viene argomentata dagli appellanti incidentali autonomi al fine di contrastare le censure di AUSL e Regione relative alla corretta applicazione delle previsioni del d.m. 70/2015, quanto al mantenimento del pronto soccorso ed al rispetto dei tempi di percorrenza.
Cosicché, i tempi di raggiungimento degli ospedali viciniori rilevano nella presente controversia nella misura in cui costituiscono uno dei presupposti per il mantenimento ovvero per la chiusura del pronto soccorso.
In sostanza, e conclusivamente sul punto, l’organizzazione del Servizio 118 non rientra direttamente nella controversia. Se sussistono carenze nell’organizzazione del Servizio 118 rispetto alle previsioni dei regolamenti nazionali e degli atti programmatici regionali, ciò potrà essere oggetto di distinte azioni di tutela.
15. Ciò premesso, è utile ricordare che il TAR ha ritenuto illegittima la organizzazione della rete ospedaliera, in quanto non idonea ad assicurare il rispetto dei parametri di tempestività previsti dal d.m. 70/2015, ancorché l’abbia presa in considerazione sotto il limitato profilo dell’attività di pronto soccorso, senza tener conto che il pronto soccorso non costituisce un’entità sanitaria dotata di vita propria o che può sussistere senza un presidio ospedaliero che lo incorpori, mentre i presupposti per la sua istituzione o il suo mantenimento sono individuati dal d.m. 70/2015, ai punti 9.2. ss. Detta circostanza evidenzia di per sé (se non una aperta contraddizione, come dedotto negli appelli in esame, quanto meno) una lacuna, nella sentenza appellata, tra il rigetto delle censure concernenti la soppressione delle attività ospedaliere e l’accoglimento di quelle concernenti l’attività di pronto soccorso, in quanto, una volta affermata la legittimità della soppressione degli altri reparti del presidio ospedaliero, il TAR avrebbe dovuto affrontare la questione della sussistenza dei presupposti regolamentari per il mantenimento del pronto soccorso, sollevata dalle parti resistenti in primo grado.
In ogni caso, anche prescindendo da detta contraddizione interna, le conclusioni del TAR appaiono travisare i dati di riferimento normativi e fattuali.
Anzitutto, il TAR sembra aver dato per assodato (implicitamente) che il Comune di Montegabbione rientri tra le “zone svantaggiate” nelle quali, secondo il punto 9.2.2. (“Presidi ospedalieri in zone particolarmente disagiate”) del d.m. 70/2015, sarebbe possibile insediare un presidio ospedaliero di base, in deroga ai parametri minimi stabiliti ordinariamente dal punto 9.2.1. (“Ospedale sede di Pronto Soccorso”), nel caso in esame per Città della Pieve pacificamente insussistenti.
Ma la lettura del punto 9.2.2. – “Le regioni e le province autonome … possono prevedere presidi ospedalieri di base per zone particolarmente disagiate, distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento (o 60 minuti dai presidi di pronto soccorso), superando i tempi previsti per un servizio di emergenza efficace” – evidenzia che, per la configurazione di una zona svantaggiata, con conseguente possibilità (non doverosità) di un insediamento in deroga, è pur sempre necessario che l’area in questione superi i previsti limiti temporali di raggiungimento dai pronto soccorso viciniori (nel caso in esame, l’hub di Perugia e gli spoke di Orvieto e Castiglione del Lago).
In altri termini, la situazione di difficoltà nei trasferimenti dei pazienti in ospedale non è lasciata interamente ad una valutazione discrezionale delle caratteristiche orografiche e metereologiche del territorio, ma presuppone una soglia minima, per così dire, di “svantaggio” (più o meno oggettivamente) misurabile.
Solo in presenza di tale condizione, vi è spazio per valutare discrezionalmente (e non come conseguenza di una eventuale qualificazione della zona come “disagiata” o “svantaggiata”, in applicazione di diverse normative rivolte ad altri fini) se si tratti in concreto di una delle “aree considerate geograficamente e meteorologicamente ostili o disagiate, tipicamente in ambiente montano o premontano con collegamenti di rete viaria complessi e conseguente dilatazione dei tempi, oppure in ambiente insulare”, anche tenendo conto “della presenza o meno di elisoccorso e di elisuperfici dedicate”
Nel caso in esame, sia avendo riguardo all’ospedale di Castiglione del Lago (31 km da Montegabbione), sia avendo riguardo al Policlinico di Perugia (33 km), sia avendo riguardo all’ospedale di Orvieto (41 km), che pure rientra nell’altra AUSL Umbria n. 2, il tempo di percorrenza sembra attestarsi al di sotto delle suddette soglie.
Sul punto, le parti hanno diffusamente argomentato, giungendo a conclusioni opposte.
Il Collegio ritiene, anzitutto, che, dalla lettura del d.m. 70/2015, si possa evincere che i tempi di percorrenza si intendono riferiti alla sola andata, dal prelievo del paziente all’arrivo all’ospedale più vicino.
Ciò si desume dal testo del punto 9.2.2.(“distanti più di … minuti dai centri … o … presidi di pronto soccorso”); ancora di più dal riferimento testuale contenuto nel punto 9.2.1., che richiede, tra i presupposti per istituire o mantenere (in via ordinaria) la funzione di pronto soccorso in un ospedale (accanto ad un bacino minimo di utenza ed ad un numero minimo di accessi annui appropriati), “un tempo di percorrenza maggiore di un’ora dal centro dell’abitato al DEA di riferimento”; e comunque, dalla considerazione che i tempi di arrivo dell’ambulanza alla residenza del paziente sono dovuti all’altro fattore rilevante, come esposto attinente alla diffusione sul territorio del Servizio 118.
In questo senso, peraltro, sono anche le indicazioni desumibili dai precedenti di questa Sezione riferiti alla portata applicativa della c.d. golden hour, secondo l’applicazione fattane in altre Regioni (cfr. Cons. Stato, III, n. 2151/2015 e n. 5763/2015).
Quanto ai tempi di percorrenza, valgono i tabulati del sistema gestionale della Centrale Unica Regionale del 118, relativi al 2017 e 2018, vale a dire ad un periodo sufficientemente ampio e comprensivo di quello successivo alla cessazione del pronto soccorso di Città della Pieve, da cui il Collegio ritiene possano trarsi i dati più attendibile, in quanto registrano l’esperienza concreta del trasporto sanitario di emergenza e tengono quindi conto delle circostanze effettive metereologiche e di viabilità in cui esso avviene. Da essi (doc. n. 1, allegato alla nota 13 giugno 2018 della AUSL) si evince che, come sottolineato dalla AUSL, “in tutti i casi di emergenza (codici gialli e rossi) verificatisi nel Comune di Montegabbione il tempo per il trasporto verso gli ospedali spoke (Orvieto e Castiglione del Lago) o verso l’HUB (Azienda Ospedaliera di Perugia) è stato sempre ampiamente nei limiti di quanto previsto dal DM 70/2015 (60 minuti verso ospedali spoke e 90 minuti verso ospedali hub)”.
Disponendo di tale documentazione, non può tenersi conto dei dati forniti dal Comando dei Vigili Urbani di Città della Pieve (dai quali risulterebbe in alcuni casi il mancato rispetto della golden hour, anche se riferito al percorso di sola andata tra detto Comune e l’Ospedale Silvestrini di Perugia), in quanto atto di parte (prescindendo da ogni considerazione sulla posizione processuale del Comune, in prosieguo esaminata) e comunque frutto di una simulazione che deve supporsi effettuata in mancanza di condizioni analoghe a quelle del trasporto di emergenza (soprattutto sotto il profilo della mancanza dell’uso del lampeggiante e della sirena, non consentiti alla Polizia Locale nel territorio degli altri Comuni). Non rilevanti, in relazione alla situazione soggettiva dedotta dal Comune appellante, appaiono poi i dati del 118 relativi agli interventi effettuati nel territorio del Comune di Città della Pieve.
Conseguentemente, nemmeno deve darsi ingresso alla verificazione sui tempi di percorrenza, richiesta dal Comune di Montegabbione (oltre che da quello di Città della Pieve).
Il Collegio ritiene di sottolineare che i parametri che delineano il razionale assetto organizzativo del servizio, secondo il d.m. 70/2015, non potrebbero essere disapplicati, nemmeno invocando la tutela del diritto alla salute, posto che impiegare risorse per riaprire un presidio ospedaliero, al di fuori dei presupposti che la norma organizzativa prevede in relazione ai livelli essenziale di assistenza che devono essere garantiti sul territorio nazionale (la cui determinazione è riservata allo Stato, ex art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.) e quindi quale forma adeguata di tutela del nucleo insopprimibile del diritto alla salute, significherebbe sottrarle ad utilizzazioni alternative, di omologa incidenza sociale e pari rilevanza giuridica, oltre che consentire il funzionamento di plessi non idonei dal punto di vista funzionale.
Per quanto esposto, gli appelli della AUSL n. 1 e della Regione Umbria sono fondati e devono essere accolti.
16. Occorre a questo punto esaminare l’appello incidentale del Comune di Montegabbione.
16.1. La AUSL n. 1 e la Regione hanno eccepito l’inammissibilità dell’appello incidentale del Comune di Montegabbione nei confronti del capo della sentenza che ha respinto le censure volte al mantenimento dell’ospedale in applicazione del punto 9.2.2. del d.m. 70/2015, sottolineando che il punto 5 della sentenza – laddove si afferma “il Comune di Montegabbione non rientra nella competenza territoriale della AUSL” – avrebbe accolto la propria eccezione di difetto di legittimazione proposta in primo grado.
Per disattendere detta eccezione è sufficiente rilevare che, viceversa, detta eccezione è stata disattesa espressamente dal TAR, ed il rilievo dell’estraneità del Comune all’ambito della AUSL viene svolto nel punto 5 al fine di supportare il rigetto della diversa censura di difetto di partecipazione procedimentale.
16.2. La AUSL ha anche eccepito l’inammissibilità della censura del Comune di Montegabbione incentrata sull’incongruenza della scelta dell’ospedale di Castiglione del Lago poiché non in possesso dei presupposti previsti dal punto 9.2.1. del d.m. 70/2015, anche a fronte del possesso da parte di quello di Città della Pieve dei presupposti previsti dal punto 9.2.2., in quanto censura proposta per la prima volta in appello.
L’eccezione coglie nel segno.
Infatti, non può ritenersi che si tratti di specificazione di motivi già dedotti, poiché il vizio ha una maggiore portata, ed in sostanza, investendo nuovi e specifici parametri di legittimità di raffronto (in particolare, il presupposto del bacino minimo d’utenza, individuato al punto 9.2.1.), ha una autonoma consistenza rispetto alle censure dedotte in primo grado – per quanto esposto nei confronti della delibera n. 227/2017 ma soprattutto della delibera n. 506/2014 – che appaiono limitate al rilievo della impossibilità di ampliamento della struttura di Castiglione del Lago in ragione dei vincoli esistenti sull’immobile in cui è ospitata, e di contro, della rilevanza, in favore del mantenimento dell’ospedale a Città della Pieve, della stroke unit ivi esistente.
Né vale ad escludere tale conclusione il fatto che l’eccezione sia stata proposta dalla AUSL per la prima volta con la memoria conclusionale, oltre il termine previsto dall’art. 73 cod. proc. amm., essendo rilevabile d’ufficio.
16.3. Il Collegio osserva che le censure, nella loro consistenza originaria, non possono ritenersi fondate.
Infatti, l’inadeguatezza dell’ospedale di Castiglione del Lago è stata dedotta in forma generica e pressoché apodittica, facendo leva sull’esistenza di un vincolo (definito “architettonico-monumentale”, ma non altrimenti precisato e tanto meno documentato, posto che il documento (n. 12) all’uopo richiamato si risolve nella stampa di schermate di “Google Maps”) sull’immobile (condizione che, da quanto emerge dagli atti, sembra peraltro sussistere anche per la struttura di Città della Pieve) e sulle recenti vicende di avvenuta chiusura di alcuni reparti, elementi che, tuttavia appaiono insufficienti ad evidenziare un contrasto con specifiche prescrizioni regolamentari e, soprattutto, l’impossibilità tecnica o giuridica di un adeguamento, laddove necessario.
D’altro canto, della non applicabilità del punto 9.2.2. all’ospedale di Città della Pieve per mancanza della condizione relativa ai tempi di percorrenza (e della pacifica mancanza dei presupposti indicati al punto 9.2.1.) si è detto.
Peraltro, riguardo alla sussistenza dei presupposti di cui al punto 9.2.2., la prospettazione del Comune di Montegabbione (così come, può aggiungersi, quelle del Comitato e del Comune di Città della Pieve) si risolve nella elencazione dei servizi attivi prima della chiusura, ma non riesce a dimostrare la conformità a tutti i requisiti indicati (seppure “orientativamente”) dal punto 9.2.2.. A ben vedere, il documento (n. 35) a tal fine richiamato nell’appello incidentale in esame, consiste in una pagina informativa del Corriere della sera, che non riporta neanche tutti i reparti o settori di attività affermati come preesistenti; mentre dalla succitata delibera n. 506/2014 emerge invece l’esistenza di posti letto nelle sole unità operative di medicina, stroke unit, assistenza estensiva ospedaliera (ex lungodegenza) ed oncologia.
Resta da aggiungere che risultano irrilevanti le questioni – in ordine alle quali le parti, sull’onda delle valutazioni espresse in sede cautelare, hanno diffusamente argomentato – concernenti lo stato dei lavori di riconversione della struttura di Città della Pieve e la compatibilità o meno con il ritorno ad un assetto ospedaliero, o, in generale, la sua idoneità o meno ad ospitare un ospedale, seppure nella consistenza ridotta prevista dal punto 9.2.2..
Quanto all’esistenza della stroke unit, è soltanto uno degli elementi rilevanti, in chiave comparativa, ai fini della scelta organizzativa di quale ospedale mantenere e potenziare, adottata mediante la delibera n. 506/2014 sulla base di articolate motivazioni relative alla complessiva situazione assistenziale dell’Ambito del Trasimeno. Mentre il rapporto tra posti letto ed abitanti previsto dal d.m. 70/2015 costituisce un limite massimo, che ben può essere abbassato dalle Regioni in base a considerazioni complessive di efficacia e sostenibilità del sistema sanitario.
16.4. Dunque, l’appello incidentale del Comune di Montegabbione deve essere in parte dichiarato inammissibile e per il resto respinto.
17. Le spese del doppio grado di giudizio, considerata la complessità e relativa novità delle questioni affrontate, possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe
proposti:
– respinge l’appello incidentale del Comitato per il diritto alla salute – Articolo 32 Costituzione;
– dichiara inammissibile l’intervento in appello del Comune di Città della Pieve;
– accoglie gli appelli della Azienda USL Umbria n. 1 e della Regione Umbria e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge le censure dedotte con il ricorso di primo grado nei confronti della chiusura del pronto soccorso dell’ospedale di Città della Pieve;
– dichiara in parte inammissibile ed in parte respinge, nei sensi indicati in motivazione, l’appello incidentale del Comune di Montegabbione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Umberto Realfonzo, Consigliere Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore Stefania Santoleri, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere
L’ESTENSORE Pierfrancesco Ungari
IL PRESIDENTE Franco Frattini