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Contro la globalizzazione…la torta al formaggio

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Al di là di catastrofiche ipotesi complottistiche e di un relativo smarrimento, la globalizzazione è stata una esigenza. Esigenza per altro sempre avvertita nelle popolazioni. Pensiamo alla cultura e all’arte, nell’antichità era appannaggio delle corti e delle classi più ricche. La stampa è stata un primo esempio, se non di globalizzazione, almeno di espansione e fruizione delle notizie, dell’”informazione”, dell’arte, della filosofia. Oggi il web è uno strumento che permette di produrre (certo con delle riserve) cultura da tutti per tutti. Quadratura del cerchio? Nemmeno per idea. Siamo tutti felicissimi delle possibilità del mondo globalizzato ma mai come in questo momento rivendichiamo l’identità dei nostri piccoli borghi e valorizziamo giustamente, dall’architettura alle più giornaliere abitudini locali. L’universo culinario poi fornisce attraverso semplici ricette, uno strumento formidabile di identità. Questo ne rafforza il simbolismo così alcune preparazioni nate per ricorrenze di solito religiose, vengono alla fine preparate, prodotte tutto l’anno.

É il caso della torta al formaggio umbra. Al di là del nome che per i “forestieri”   rievoca una focaccia, si presenta come una sorta di pane tondo, alto, dorato fuori, giallo all’interno e dal profumo intenso di formaggio. Sarebbe un cibo pasquale…la tradizione vuole che vada consumata alla mattina di Pasqua con salumi umbri e uovo lesso benedetto. Però quasi tutto l’anno si può gustare perchè i fornai hanno smesso di impastarlo solo nel periodo primaverile. Anche nelle famiglie è finito il tempo nel quale ci si alzava all’alba e si lavorava pazientemente questo impasto con il lievito madre e si aggiungevano le uova e poi le spezie, retaggio medioevale. La cannella a stecche, i chiodi di garofano venivano fatti bollire in poca acqua che diventava scura e profumata, si filtrava e veniva aggiunta all’impasto insieme al formaggio abbondantissimo ridotto a dadini, non grattugiato e si impastava ancora aggiungengo generose pizzicate di pepe macinato. Questa tradizione della torta è interessante dal punto di vista storico perchè chiaramente un semplice pane di farina e acqua è stato rielaborato per quell’istinto delle popolazioni che sentono (anche se a volte inconsciamente) di essere protagoniste della civiltà e della storia. Avrebbero potuto continuare a mangiare il pane e separatamente gli ingredienti che vanno aggiunti alla torta…E invece no. Dentro noi sempre c’è la curiosità, la creatività che ci spingono a sperimentare, a scoprire, ad ottimizzare e tutto questo sedimentato nei secoli diventa civiltà, identità. Questo processo è inarrestabile, infatti tornando alla nostra torta di Pasqua, oltre ai nutrienti quali uova formaggio, olio, nello scorrere della storia e degli eventi politici si è impreziosita delle spezie. Il che dava modo di sentirsi identificati nel mondo oltre che nella piccola comunità di apparteneza. Le spezie provenivano da mondi lontani e sembravano quasi con il loro fragrante profumo proiettare nella fantasia della gente impalpabili velami di odalische. Diciamo che oggi da globalizzati vogliamo affermare l’unicità del nostro gruppo, nel passato da gruppo ben definito avevamo già nel DNA la globalizzazione.

Si è detto che il cibo e la cucina sono come un organo in continuo inarretabile movimento…infatti

della torta ne esiste una variante dolce. E’ un po’ meno diffusa, tuttavia qualche volta si vede in giro ed è altrettanto interessante oltre che come quella al formaggio deliziosa. E’ riconoscibile perchè coperta da uno strato sottile di meringa cosparsa di zuccherini colorati. A me piacciono moltissimo tutt’è due e a voi?

Nunzio Dell’Annunziata