Cari concittadini, Sono una giornalista pievese che di solito si occupa di cronaca nazionale e internazionale, ma noi giornalisti siamo (o dovremmo essere) i “cani da guardia” della democrazia e il filtro tramite cui l’informazione arriva alle persone. Quindi, è credendo profondamente in questo ruolo che vi scrivo. E vi scrivo di Covid19. Nelle scorse settimane si è visto e sentito di tutto, e sì in parte i giornali sono stati i primi regni della confusione, e i medici stessi hanno detto cose in contrasto tra loro. Questo è perchè il Covid19 è un virus sconosciuto, a cui non possiamo rispondere con anticorpi, a cui non esiste vaccino. È un virus molto contagioso, e con un tasso di mortalità più alto di una semplice influenza (3.4%). Perchè, starete pensando, una giornalista pievese si mette a scrivere di Covid19 a Città della Pieve? Perchè anche nella nostra piccola comunità ci sono cinque casi di contagio – destinati purtroppo ad aumentare – e più di 50 persone in quarantena. Anche queste destinate ad aumentare. I giornalisti vogliono vedere le cose con i propri occhi. Ieri sono uscita, alle 15.30 c’era il parcheggio della Conad di Canale pieno. Alle 18.30 pure. E vari giovani che facevano capannelle davanti ai bar, dentro e fuori. Gente che va a mangiare ai ristoranti, come se niente fosse. Ci è stato detto di “non andare nel panico”, giusto, ma non significa nemmeno continuare a vivere queste giornate come se fosse tutto ok. Non è tutto ok. Sarà tutto ok, ma adesso non lo è. Adesso è il momento della responsabilità collettiva, adesso è il momento di stare a casa. Che palle? Sì, che palle. Il virus però non guarda in faccia a nessuno, e se voi giovani pensate di esserne immuni vi sbagliate. Ci sono vari casi in Lombardia di sanissimi 30enni intubati. Ma soprattutto, da ieri in Lombardia si inizia a valutare uno scenario spaventoso. Non ci sono abbastanza posti in rianimazione per tutti: si curerà chi ha più possibilità di vivere. Questo significa che tra un anziano e un giovane, si darà la priorità ai giovani. E allora, parlo ai giovani, avete anche voi dei genitori e dei nonni a cui tenete, no? È il momento di rendersi responsabili per loro. È giusto non dare notizia con nome e cognome dei contagi, e l’Amministrazione è stata rispettosa, ma questo è un piccolo paese e le cose si vengono a sapere lo stesso. Allora vorrei chiedervi, lo sapete che tra le persone in quarantena ci sono anche malati oncologici? Ecco, a me questa cosa fa arrabbiare moltissimo. Era difficile prevedere il primo contagio e lo spargimento successivo. Vero. Ma adesso che la situazione è “allargata” ci sono misure drastiche da prendere. Se collaboriamo tutti, non sarà per sempre e non sarà per molto. La Cina è già riuscita a contenere il contagio (qui i numeri ufficiali nel mondo https://www.worldometers.info/ Per almeno dieci giorni, dobbiamo iniziare tutti ad applicarle. Perchè se il contagio sta a 2.5, ovvero ogni persona ne contagia 2.5 come statistica, e abbiamo quattro casi confermati e decine di quarantene, chiunque di noi a Città della Pieve è potenzialmente infetto. Inutile, dannosa e ignobile è la caccia alle streghe. Irresponsabile non è chi, sfortunato, è infetto senza saperlo. Irresponsabili siamo tutti noi se continuiamo a comportarci come se questa sia una sciagura di pochi. “Il virus è nomade, abbatte i confini dei corpi, della specie, della classe biologica e della classe sociale, abbatte i confini geografici e politici”, scrive il mio collega Gabriele Battaglia da Pechino. Quindi, chi ieri è scappato da Lombardia e Veneto ed è rientrato in Umbria, si metta in auto-quarantena. E per tutti gli altri, non basta lavarsi le mani. Chi può lavori da casa, chi non può applichi le norme igieniche e la distanza di sicurezza, usate i social network che tanto amiamo per salutarvi con gli amici, con i familiari, evitate le palestre, le piscine, uscite a fare belle passeggiate in campagna, evitate le razzie al supermercato, andateci, anche ogni giorno, ma se ci sono 20 auto fuori rigirate, tornate più tardi (e magari evitate di mettervi a chiacchiere ad ogni centimetro del supermercato!) evitate aperitivi ai bar e le cene ai ristoranti. Questo non significa non andarci più, ma magari chiedere l’asporto come stanno facendo al Nord italia. Il caffè, il campari, o i pici si possono ancora mangiare. Comprateli dai nostri commercianti, ma portateveli a casa. Lasciate le porte dei condomini aperte, meno maniglie tocchiamo e più aria circola meglio per tutti. E soprattutto, date retta agli esperti, date retta alla dottoressa pievese Marina Macchiaiolo che sta in prima linea. Sicuramente qualcuno si chiede con che diritto vi scrivo: ho rinunciato a due viaggi di lavoro, uno al sud Italia e uno all’estero per non portare nel mondo il “ceppo pievese” (vista la polemica di ieri, ribattezziamolo visto che ormai il virus si sarà adattato a noi) o per non rischiare di portare alla Pieve altri ceppi. Lo so, sembra apocalittico, non lo è. Si tratta di resistere qualche giorno. Chiaramente funziona se lo facciamo tutti, se agiamo insieme come collettività.
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Lettere dei lettori Cecilia Anesi “Coronavirus. Un invito alla responsabilità collettiva”