Home il caffè della domenica Caro 2021, ma è luce quella in fondo al tunnel?

Caro 2021, ma è luce quella in fondo al tunnel?

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E’ stato un anno duro questo 2020. Un anno extra-ordinario, un anno diverso, un anno drammatico. Un anno che ha messo un sigillo inaspettato a questo primo ventennio del ventunesimo secolo. Un secolo che sembrava inarrestabile nella sua velocità, nella sua bulimia di innovazione. Un secolo che sembrava fatto di movimento, di primati tecnologici, di sconfinamenti in ogni scienza e disciplina. Un secolo che sembrava fatto di migrazioni fra terre e confini, fra reale e virtuale, fra economia e finanza, fra vero e falso. Un secolo dove tutto sembrava possibile, anche l’ impossibile, come abbattere le torri gemelle nel cuore di New York, nel cuore della più grande potenza mondiale, la invincibile America. Sembrava che per raggiungere una sponda, una qualsiasi sponda, bastasse volerlo, buttarsi e nuotare.
Poi, prima sommessamente, quasi segretamente, ha cominciato ha diffondersi “la notizia”. Quasi una delle tante, quasi l’ ennesimo lancio di agenzia. Quasi l’ennesimo scoop. Da uno sperduto mercato di animali, da uno sperduto angolo della grande Cina, la potenza destinata, si dice,  a dominare la seconda parte di questo secolo, era scappato di mano, un virus, un virus letale che stava sfuggendo ad ogni controllo. Che era stato tenuto nascosto per non turbare i sonni dei sudditi ed il prestigio dei timonieri. Un virus che mieteva vittime come birilli, un virus che nessuno conosceva, un virus che per il suo aspetto ingigantito cominciammo a chiamare prima coronavirus, poi per fare un po’ gli affettati, gli aggiornati, gli scienziati,  Covid 19. Sembrò all’ inizio una vicenda, una delle tante disgrazie locali, circoscrivibili, anche dalla mente. E fu invece un  temporale prima , poi un ciclone, infine una devastante pandemia planetaria che ha travolto questo nostro mondo così grande e così piccolo, così forte e potente e così fragile e indifeso. Sono ormai milioni le vittime. E lo stivale antico, l’ Italia amata e conosciuta in tutto il mondo è stato uno dei paesi più colpiti. Tutto è stato messo alla prova, tutto è andato sotto esame. La politica, la scienza, l’ economia, la civiltà del paese. I comportamenti soprattutto di ognuno di noi, come singola persona prima e poi come comunità.

Tutto è stato colpito. “Niente può e deve essere come prima” fu lo slogan che pronunciato piacque e fu ripetuto, a pappagallo, da tutti. Senza sapere esattamente cosa dovesse cambiare, come, con quali atti, comportamenti, scelte e percorsi.

Se dovessimo a posteriori, provare a fare una datazione, che alla fine potrebbe comunque risultare arbitraria, possiamo dire che oggi, nei primi giorni di questo duemilaventuno, all’inizio di questo primo quinto di secolo siamo forse anche all’inizio della seconda fase di questa storia. Si apre la fase dell’uso del vaccino. E solo questo fa intravvedere, a chi continua ad usare il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà, una piccola luce in fondo al tunnel. In tempi record gli stati più ricchi, le aziende farmaceutiche più attrezzate, le università e i centri di ricerca più avanzati, hanno prodotto alcuni vaccini che, testati, sembrano intervenire in via preventiva sul virus. La campagna di vaccinazione, con una certa lentezza, in alcuni paesi, è cominciata. Si dovrebbe pensare che risolto, anche se mai definitivamente il problema sanitario, tutto dovrebbe tornare a funzionare, soprattutto in economia, nelle industrie, nei servizi, là dove si creano le ricchezze che poi più o meno equamente, vengono redistribuite.

Vi chiederete allora, perché tanta prudenza, se non pessimismo? Perché tanti condizionali? Perché diciamo sembra che ci sia della luce e noi diciamo c’è della luce?

Perché ormai l’età e l’uso minimo della ragione e del senso critico ci fanno essere laici e non credenti, sportivi e non tifosi, cittadini e non pecore.

Non crediamo di avere classi dirigenti, detto in soldoni,  soprattutto a livello politico, nel mondo e soprattutto in Italia all’altezza dei tempi e dei compiti. Classi dirigenti in economia in grado di vedere l’interesse generale non disgiunto da quello aziendale o economico. Classi dirigenti politiche in grado di costruire assetti sociali migliori piuttosto che tornaconti elettorali ravvicinati. Tutto qui, ma è tanta roba.

La totale interdipendenza del mondo presupporrebbe un minimo di “governo” mondiale dei problemi. E questo non c’è. Continuano a dominare gli interessi economici, da tempo prevalentemente finanziari, dove quel poco di istituzioni politiche ed economiche, funzionanti, Onu, Fao, Ocse, FMI, o gli stessi vertici governativi G8, G10, G20, sono impotenti o solo delle ancelle al servizio dei grandi agglomerati economici. Le potenze alternative, Cina in primis e Russia, si reggono, e nel caso della prima si sviluppano, grazie ad un concetto ed ad una pratica di democrazia, che a noi risulta, giustamente, intollerabile. Ci sarebbe la speranza dell’Europa, che in effetti ha dato un qualche segnale di ravvedimento, dopo questa pandemia, ma ancora è troppo poco, per rappresentare la luce di cui avremmo bisogno. Perché nell’ultima infornata di stati ex sovietici ha messo dentro di tutto, anche molto di civiltà non europea. Perché avrebbe bisogno allora almeno di due velocità. Perché sarebbero necessarie cessioni di sovranità da parte dei singoli stati che ancora sono fuori dall’orizzonte politico attuale.

Poi c’ è l situazione dell’Italia, di cui bisognerebbe scrive una “nuova dantesca commedia”,  che si sta dirigendo verso un precipizio, con la confusione, con l’ignoranza, con il pressapochismo che da alcuni decenni la caratterizza. Nessun colore politico escluso. Nessuno titolato a scagliare la prima, la seconda o la terza pietra.

Ma allora dove sta la luce? Anche se piccola e traballante?

Il lato cinico, mi dice nello spirito di sopravvivenza. Il lato appassionato, nello spirito di comunità. Che prima o poi, io ci credo, ahi la religiosità laica, dovranno battere un colpo!

Gianni Fanfano