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Bomboloni prima di Natale

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Erano alcuni anni che non si vedeva una bella nevicata, di quelle copiose, che coprono tutto compreso gli affanni degli uomini; di quelle che lasciano nell’anima un senso di pace e di purificazione.

In quei giorni era stato un gran freddo, poi all’improvviso l’aria divenne di colpo immota, irreale e magica, la temperatura divenne impercettibilmente più mite: stava per avvenire qualcosa, si percepiva quella calma che precede un qualche evento. Nel giro di un’ora la neve prese a cadere: enormi fiocchi fitti, lenti ma quasi caparbi nella loro persistenza. Sembravano ovatta da quanto erano grossi e soffici. I bambini alle finestre spalancavano gli occhi pieni di meraviglia e pregustavano le capriole sul soffice candido manto che si andava formando e poi le pallate di neve, quelle che di sorpresa colpiscono e si insinuano disfacendosi lungo il collo come ghiacciati e impertinenti serpentelli. Anche gli adulti e i vecchi guardavano attraverso i vetri sussurrando tra se qualche azzardata previsione, ma poi cedevano all’incanto del candore che pian piano si propagava.

Fino a sera e per tutta la notte i fiocchi continuarono a venire giù posandosi pazienti sui tetti, sui lampioni, su cespugli, alberi e muretti e sulle automobili… Al mattino una spessa coltre bianca copriva tutto il paese e i boschi che dalle ultime case, si arrampicavano per le colline. Tutto bianco a perdita d’occhio.

Quando Giorgio si svegliò rimase sorpreso ed incantato guardando attraverso i vetri. E in quel lucore abbagliante, trasognato volse i propri pensieri e i propri sentimenti verso una regione del proprio mondo interiore pervasa di serena positività. Ricordò di quando era piccolo e giocava nella neve con gli altri bambini del paese. Si avvicinava Natale, ci stava proprio bene la neve. “Che strano,” pensò “come facevano dall’altra parte del mondo a festeggiare la nascita di Gesù sotto gli ombrelloni. Senza quel riunirsi al caldo delle stufe, dei camini… Montare il presepe con intorno una temperatura di trenta gradi. E attaccare palline e luci colorate all’albero mentre goccioloni di sudore scendono sul viso e dietro la schiena.”

La moglie e i figli dormivano. “Andrò in paese a prendere i bomboloni alla crema” pensò ancora Giorgio, “sarà un’occasione per predisporre al meglio il clima natalizio.” Ed era opportuno, negli ultimi tempi c’erano state delle continue discussioni tra lui e la moglie…A volte anche piccoli gesti riescono a creare di nuovo quell’armonia che è alla base di quella strana, minuscola, sacrosanta comunità che è la famiglia. Inoltre i bambini sarebbero stati felicissimi di trovare sul tavolo la golosissima colazione.

Giorgio equipaggiato con giacca a vento, cappuccio di lana e doposcì si avventurò all’aperto. C’era da attraversare un tratto di bosco dopo una spianata leggermente in salita. Dopo il primo allegro sprofondare nella neve fino al ginocchio, la fatica, l’affanno cominciarono a farsi sentire. Ad una prima valutazione Giorgio, non si era reso conto della enorme quantità di neve che si era accumulata. Percorso il sentiero nel bosco e la piccola salita, iniziava un tratto nel quale si susseguivano i campi: specialmente in quel tragitto era faticosissimo avanzare.

Forse il freddo, forse lo sforzo nell’affrontare la neve senza avere nemmeno un po’ di caffè nello stomaco, Giorgio cominciò a vedere il paesaggio sfocato, poi le immagini si annebbiarono ulteriormente: stava per svenire e mentre le forze lo abbandonavano, vide profilarsi nel cielo un’enorme nube vaporosa come di bambagia. In quell’attimo riprese a nevicare e dopo, tutto fu confuso dentro il buio che calò sulla vista e nella mente di Giorgio. Passò del tempo non bene definito nella sua durata: cinque minuti? Un giorno? Una vita? Boh! Ma in quel buio che aveva imprigionato Giorgio si accese una luce, era una lucerna come stella che brillava nelle tenebre, bagliore atemporale che superava lo spazio. Fu una sensazione bellissima, ritrovata dopo tempo e tempo di aridità, tristezza e freddo. La luce divenne man mano più reale, e si muoveva, si avvicinò così che Giorgio potè distinguerla bene benchè non ancora si fosse ripreso del tutto. A reggere la “fiaccola” era una mano rugosa, stanca ma caparbiamente decisa a fare ancora il suo dovere. Era la mano di un vecchio. Giorgio si sentì subito rinfrancato da quella presenza e quando il vecchio lo aiutò a rialzarsi, avvertì anche una sorta di energia a corroborare il suo corpo e il suo spirito che non avevano retto all’improvviso sforzo di affrontare la neve. Alla luce della lanterna i due si guardarono, gli occhi del vecchio avevano un particolarissimo magnetismo e forse questo rese più dolci le sue parole e quasi avvolte da magia: “Caro figliolo devi imparare a conoscere meglio il tuo corpo, la tua mente e il tuo cuore. Solo così è possibile scegliere la direzione per andare avanti superando fatica e ostacoli.” Le parole del vecchio avevano il tono di un garbato ma profondo insegnamento, erano anche incoraggianti. E come lontana eco erano risuonate in fondo all’anima con le note di una metafora della vita di Giorgio e forse di tutte le vite.

Giorgio benedisse in cuor suo quello strano personaggio che tra l’altro non aveva mai visto in giro per la zona. Ma poi quello che era accaduto era sogno, visione o realtà? Mentre queste immagini svanivano del tutto restituendo allo sguardo la sola neve e gli alberi e il paesaggio invernale del paese che si distingueva, Giorgio ricordò il suo intento di arrivare al bar per comprare i bomboloni. Proseguì non senza perplessità nella neve e arrivò a destinazione. Entrò nel bar e subito il caldo e un tenue vapore lo avvolsero come un lieve abbraccio. Si rifocillò, prima soffiando sull’aroma del caffè

e poi sorbendo la nera dolce bevanda, comprò i bomboloni alla crema e ritornò verso casa. Questa volta dosò le proprie forze memore del malore fortunatamente superato. E ripensava anche a quella sorta di visione, di sogno…quel personaggio uscito si direbbe, dal mistero…

In casa ancora dormivano. Quando la moglie si svegliò volle subito raccontare al marito un sogno particolare che aveva fatto: “Ma allora sei uscito?” prima disse, vedendo il cartoccio sul tavolo. “Che strano, ho sognato che eri svenuto nella neve e babbo natale ti salvava.” “Già babbo natale” ripetè Giorgio con un filo di voce e aria pensierosa “quello che si racconta ai bambini.”

I bambini appunto, si erano svegliati e mangiavano i bomboloni: sulle labbra e sulle guance avevano macchie di crema gialla e ridevano. Anche i genitori si trovarono a sorridere insieme. Era da un bel po’ che non succedeva.

Nunzio Dell’Annunziata