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D’Arienzo. “Una cattiva riforma, che rischia di restringere gli spazi di partecipazione e rappresentanza”

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La Costituzione è una questione che riguarda tutti. Riguarda anche noi, l’Arci. Ispira i nostri circoli e i nostri comitati nell’azione e nella pratica quotidiana. Conosciamo quale sia la fatica e il fascino dell’esercizio della democrazia e la partecipazione, soprattutto se ad agirla sono persone che si impegnano volontariamente per animare le proprie comunità di riferimento, per offrire risposte ai bisogni e ai desideri dei propri quartieri, frazioni, comuni.

Ora la riforma di una parte della Costituzione sarà sottoposta a referendum ed è da poco stata fissata la data in cui si terrà questa consultazione: domenica 4 dicembre.

L’azione dell’Arci, da sempre e nel prossimo futuro, è dettata dalla volontà di offrire strumenti di emancipazione per i propri soci e le proprie socie e per la società tutta. Numerosi sono stati i momenti in cui abbiamo promosso il confronto, l’approfondimento, lo studio e nel periodo che ci separa dalla consultazione referendaria continueremo a impegnarci per sensibilizzare quante più persone possibile, su una questione che non ha a che fare con gli equilibri interni ai partiti. Ci siamo infatti dall’inizio rifiutati di vederla rappresentata come un plebiscito sulla vita del Governo, e oggi che, almeno a parole, il tema risulta fortemente ridimensionato, il merito della questione può assumere tutta la propria forza e la propria pienezza. Non vogliamo trasformarci in partito perché non vogliamo svolgere un lavoro che non appartiene alla nostra identità. In autonomia e assieme a chi come noi, tra le forze civili (sindacato, Anpi) vorrà continuare questa battaglia. Vogliamo restare lontani dalle tifoserie e dalle censure, rimanere aperti al confronto, convinti che il pluralismo sia una ricchezza, anche al nostro interno. Non intendiamo però creare un insieme eterogeneo di richieste, rivendicazioni, proposte diverse, che inquinerebbero il senso del nostro pensiero e che intendono sfruttare il dibattito a fini esclusivamente politici di corto raggio.

È a partire dalla necessità di dare voce al nostro radicamento sociale, in una discussione di interesse generale, che vogliamo esprimere il nostro parere.

Questa riforma è una cattiva riforma. L’intento di superare il bicameralismo perfetto, produce in realtà un Senato dal profilo poco chiaro. L’obiettivo di risparmiare sui costi della politica, si traduce in un riaccentramento dei poteri dello stato, invalidando di fatto la delega agli enti regionali di pianificare i propri ordinamenti legislativi secondo la prossimità al territorio.

Il funzionamento degli istituti di democrazia diretta è rinviato a future leggi costituzionali. Il sistema dei contrappesi, centrale nella nostra Costituzione, si squilibra, anche a causa del combinato disposto con la nuova legge elettorale, a favore dell’esecutivo. La Camera a maggioranza assoluta può deliberare lo stato di guerra. Come Arci ci confrontiamo ogni giorno con la complessità e frammentarietà della società italiana. Anche per questo, abbiamo imparato che qualsiasi riforma della Carta costituzionale, del funzionamento degli organi dello Stato, dei meccanismi elettorali e, più in generale, delle regole alla base della nostra democrazia, non può risolvere nessuna crisi, se non tiene conto della complessità del nostro Paese. Purtroppo questa riforma rischia fortemente di restringere gli spazi di partecipazione e rappresentanza, in cui operano i corpi intermedi, agendo più per rispondere ad interessi particolari e contingenti invece che guardare agli interessi generali e al futuro del Paese. Per noi si tratta di una riforma che accentua le difficoltà delle istituzioni pubbliche e della politica, accrescendo la distanza tra questi e i cittadini e le cittadine, con effetti negativi sul futuro del Paese. Per questo crediamo che spenderci per il no al referendum vuole essere alla pari di quei no che aiutano a crescere.

Claudio D’Arienzo Arci Umbria