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Rassegna Stampa: elezioni regionali senza Regione

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Perugia – Le elezioni regionali senza la Regione

di GIOVANNI CODOVINI

C’è un singolare paradosso che corre tra le forze politiche in Umbria nell’avvicinarsi alle elezioni regionali. Ed è questo: della Regione e del modello regionale che si vuole realizzare non si parla. La Regione è insomma il convitato di pietra, stretta com’è tra la valenza politica nazionale che la competizione elettorale si riserva e l’idiosincrasia tradizionale dei partiti a scendere nei contenuti e nei dettagli. La valenza nazionale assorbe le energie nel fare e disfare, come la tela di Penelope, alleanze e liste (e si capisce fino a un certo punto); l’avversione ai programmi attesta ormai il periferico ruolo dell’Umbria (ciò non si giustifica per nulla). Una Regione come la nostra – senza ripeterci le questioni se non innova e non introduce forti e strutturali elementi di discussione rischia infatti lo svuotamento. E non c ‘entra più la distinzione tra la sinistra che governa (e ha governato sempre) e la destra antagonista (virtualmente all’opposizione). Si tratta – e none una novità – di capire chi è modernizzatore, ossia chi intende scomporre e ricomporre diversamente l’Umbria in un modello più largo, e chi è conservatore, vale a dire chi vuole mantenere la dimensione regionale così com’è. Il nodo di fondo, non nascondiamolo, è tutto qui e nel dilemma seguente: se l’Umbria per essere tale deve rimanere tale. Del resto, come si sa, oggi le sfide si giocano geo-politicamente tra soggetti e reti territoriali, che possono offrire servizi efficienti, condizioni di sviluppo e costi adeguati solo se possiedono un’appropriata dimensione. Fuori dalle fumisterie del politichese; il tema delle «macroregioni» è il tema dirimente questa tornata elettorale poiché chi rappresenterà i territori umbri e chi governerà sarà responsabile della nuova architettura istituzionale della Nazione. Ma sarà responsabile anche di fronte ad una doppia prospettiva: contribuire, innanzitutto, a costruire un soggetto territoriale capace di affrontare le sfide nazionali ed europee e, parallelamente, di spostare l’Umbria da un certo isolamento. La riforma del Senato e la proposta di legge del deputato Morassut del Pd si dirigono ormai in questa direzione, voluta dal presidente del Consiglio. Volenti o nolenti bisogna confrontarci con questo progetto. Infatti, il progetto «macroregione» non è solo finanziario o di spesa; rappresenta un’esigenza organizzativa urbana confacente alla mutazione dei tempi. E questa prospettiva è stata colta dalla presidente Marini che in più occasioni ha richiamato, per esempio, la necessità di “omogeneizzare” le regioni dell’Italia mediana sulla nuova distribuzione degli aiuti europei. La riconfigurazione dell’Umbria dentro il contenitore più largo dell’Italia mediana prefigura una serie di politiche che non posso più seguire il metodo e la strategia consueti: gli stessi territori rimescolandosi in una logica funzionale e non più identitaria tornerebbe ad essere non un “partner junior”, ma un soggetto a pieno titolo delle decisioni. Si pensi solo alle politiche della coesione, finanziate con fondi europei: esse presuppongono affinità economico-sociali e politiche concentrate quanto mirate, finalizzate alla semplificazione amministrativa e ad uno sviluppo equilibrato. Se negli anni passati ci siamo attardati in Umbria a parlare di sistema, oggi questo è diventato una realtà con l’ipotesi della costruzione di soggetti ultraregionali ampi e relazionati. Se questo sembra essere la piattaforma programmatica sulla quale scrivere contenuti e nuove politiche non resta dunque che attendere al crocevia della macroregione le diverse coalizioni che si sfideranno a maggio. Per un’Umbria più Umbria, naturalmente.

Giornale dell’Umbria

09.04.2015