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Quando si dice un “tozzo di pane”

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Si ritiene che il cammino della civiltà coincida con l’inizio della “cucina”. L’uomo preistorico ha cominciato a nutrirsi con cibi non più presi direttamente dalla natura ma cotti, preparati. Ecco, iniziava quella che noi “moderni” chiamiamo storia e cultura delle popolazioni. Uno degli alimenti che sintetizza questo millenario cammino è il pane. Infatti racchiude un sapere che ha unito il controllo del fuoco, l’agricoltura, la chimica e la fisica dei microorganismi, la tecnologia, la fantasia, l’intuizione e l’artigianalità e il sapore. E questo è avvenuto nel bacino del mediterraneo contraddistinto appunto dalla spiga del grano. Interessante notare che nei suoi poemi Omero indica la popolazione “evoluta” con l’epiteto: “La stirpe che di pan’ si nutre”.

Nel corso dei millenni, l’uomo ha caricato questo alimento di infinite e profonde simbologie. Il pane delle feste ad esempio. E’ un pane che si arricchisce di elementi (uova, burro, zucchero, canditi, frutta fresca, frutta secca) e assume forme particolari che lo rendono prezioso, benaugurante, sostanzioso, adatto ad una ricorrenza, una celebrazione. Con l’avvento del cristianesimo poi, è proprio il pane a sancire l’unione, la comunione tra uomano e sacro. Nella simbologia eucaristica lo spezzare e mangiare il pane crea il contatto con la divinità. Inoltre sempre nella liturgia cristiano-cattolica c’è la formula, l’invocazione: “Dacci il nostro pane quotidiano” che (anche per un laico) diventa una richiesta di dignità umana. Per produrre il pane ( sineddoche di cibo e sussistenza) bisogna lavorare e vivere secondo delle regole sociali. Oserei dire che invocare, chiedere “il pane quotidiano” possa essere una bellissima preghiere-richiesta anche per un laico o un ateo.

Una curiosità che fa riflettere, gli antichi, durante l’impero romano ad esempio, producevano il pane con la farina di farro. Il frumento nato da una spontanea mutazione genetica del farro, fu adottato in un secondo tempo ed era appannaggio delle classi abbienti perchè costoso. Quest’ultimo pane risultava più soffice, più chiaro e anche più gustoso, conferiva quindi maggior prestigio alla mensa del ricco. Proprio come avviene oggi con il pane di farro: risulta gradevole dal punto di vista organolettico e poi è costoso…e dà prestigio alla mensa dei radical chic.

Nunzio Dell’Annunziata