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La storia pievese ricomincia dagli Etruschi. Soprintendenza ”Entro giugno tutti i reperti a Città della Pieve”

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La presentazione del libro degli atti del convegno,svoltosi nel 2018 sul tema “Città della Pieve e il territorio in età etrusca” finanziato dal Gal Trasimeno Orvietano, che è stata fatta sabato scorso nella Sala Grande di Palazzo Corgna, ha avuto diversi meriti.

Il primo quello di mantenere un impegno assunto dalla precedente amministrazione e di valorizzare il lavoro svolto a riguardo da amministratori, specialisti e volontari che se ne sono occupati.

Il secondo quello di lanciare, come è stato detto alcuni sassi, cioè domande e stimoli a quanti hanno competenze su un paio di questioni molto importanti.

La prima. Sinora la storia di Città della Pieve, e la ricerca a riguardo, cominciava dall’epoca longobarda cui si è sempre fatta risalire la sua costituzione in assetto urbano. Con i recenti ritrovamenti etruschi di San Donnino, che hanno consentito di riannodare tutti i precedenti ritrovamenti, in gran parte trafugati e sparsi per il mondo, si rende quantomeno interessante una ricerca che si ponga almeno la domanda “quale è stata l’evoluzione del territorio pievese nel periodo etrusco, al confine e dentro il territorio chiusino? Quali i collegamenti? Quali le dimensioni e le caratteristiche autonome?

La seconda. Il dopo ritrovamento. Come lavorarci e come valorizzare un progetto per questo periodo storico all’interno di quello più generale del patrimonio storico pievese.

Partiamo dalla base. La dirigente della Soprintendenza, dottoressa Romi, che ha partecipato alla riunione, ha detto che si è dovuto lavorare ad un ” nuovo progetto espositivo e scientifico” che ha interessato l’insieme dei reperti ritrovati, e che entro il primo semestre del 2020, questo progetto potrà essere collocato a Città della Pieve. Bene. E allora la domanda che dobbiamo porci è “Questo importantissimo passaggio, tra l’altro realizzato, per i tempi della pubblica amministrazione, in tempi storici umani, questa prima fase, deve essere considerata un punto di arrivo oppure anche un punto di partenza?”

Per le cose già dette sinora la risposta che ci diamo è semplice. Deve essere un punto di partenza. Per la ricerca storica, come abbiamo già detto. Per nuovi scavi, come si è parlato per diverso tempo nei giorni del ritrovamento della tomba, dal momento che si è detto che alcune rilevazioni suggerivano la presenza di altre tombe nella zona.

Per un progetto infine che possa portare alla realizzazione di un “museo virtuale di tutto il patrimonio etrusco rinvenuto a Città della Pieve” e che soprattutto nei secoli scorsi ha preso la strada di altri musei e di collezione private. “Museo virtuale” magari preceduto da una mostra di presentazione. Idea che già  suggerimmo alla passata amministrazione, nel momento in cui alcuni reperti di una collezione privata stavano per prendere altre destinazioni. Di tutto questo, ovviamente, si dovrebbe parlare in primis con il Comune di Chiusi e con il Museo locale, abbattendo sempre più nei fatti, gli antidiluviani confini amministrativi che caratterizzano l’arretratezza italiana ed i particolare della nostra zona, come è stato ricordato anche nel corso della serata.

Dopo i ringraziamenti che l’ex assessore Pugliese ha fatto a tutti i protagonisti, hanno aperto i lavori il sindaco Fausto Risini e la direttrice del Gal Francesca Caproni sottolineando la grande importanza del lavoro fatto.

L’assessore Luca Marchigiani ha inquadrato l’iniziativa nel contesto del lavoro dell’Amministrazione definendolo un “riappropriarsi di un pezzo di storia della città” e sottolineando anche come Città della Pieve sia dotata, per la sua storia di “città” appunto di un patrimonio archivistico importantissimo. Di passaggio su questo argomento degli archivi, vorremmo suggerire la necessità, laddove non vi fosse già, di redigere un “regolamento” per l’utilizzo degli archivi, onde evitare che possa sembrare l’accesso affidato alla discrezionalità del momento.
E’ stato il professor Paolucci a parlare, dopo il ritrovamento della tomba di San Donnino, dell’affacciarsi di Città della Pieve “alla ribalta archeologica da cui sembrava essere tagliata fuori” e della necessità di riprendere una ricerca a cominciare dal “versante vallivo e dal “grande fiume che non esiste più” E’ stato lui a parlare di un “punto di partenza e non di arrivo”

La dottoressa Marina Romi della Soprintendenza, nel concludere gli interventi ha ricordato le continue modificazioni nell’assetto delle soprintendenze che hanno contribuito ad allungare i tempi di una realizzazione che comunque doveva rispettare alcuni passaggi inevitabili. Così come ha ricordato che, (per il momento, aggiungiamo noi) le competenze in materia sono dello Stato. Anche perché la Regione dell’Umbria, (aggiungiamo sempre noi) non è stata certo in prima fila in questa storia. La dottoressa Romi ha poi aggiunto che, in termini di ricerca e valorizzazione, l’obbiettivo dovrebbe essere quello di ricomporre i “due versanti dell’Agro Chiusino”. “Catalizzatori e protagonisti di questo percorso oltre che i poteri preposti ed i tecnici, dovrebbero essere i cittadini”. Che altro si vuole per stare sempre sul pezzo e per tenerlo caldo?

Gianni Fanfano