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Intervista a Anna Ascani – “Ora al Pd umbro serve una nuova classe dirigente”

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“C’è un bicameralismo imperfetto che deve essere riformato. Chi dei vecchi amministratori e dirigenti oggi si spende senza posa per il no al referendum costituzionale dovrebbe ricordare che, quando il partito decide a maggioranza, contrapporsi alla linea è cosa grave. Fino a qualche anno fa significava, di fatto, porsi fuori dal partito. Dopodiché in Umbria c’è anche un “bipolarismo” pernicioso che deve finire . Al più presto. Due correnti contrapposte – quelle di Marini e Bocci – che non lasciano spazio alla progettualità e soprattutto alla formazione di una nuova classe dirigente. Che sia radicata sul territorio, sia punto di riferimento per i cittadini.”

Il “rischio elettorale” è dietro l’angolo. E’ il pensiero ma anche il monito della deputata “prodigio” del Pd Anna Ascani, classe 1987, tifemate doc, già lettiana e speaker a più riprese del turborenzismo di governo su temi caldi come la scuola e le politiche giovanili.

Ascani, come le appare il Pd dell’Umbria dagli scranni romani ?

“C’è il tema della classe dirigente che deve al più presto essere affrontato. Certo non riguarda solo la nostra regione: la vicenda dei 5 stelle ha scoperchiato la pentola. La storia che l’uomo della strada può fare il sindaco di Roma in un mese si è rivelata una barzelletta. Per questo l’unico grande partito rimasto, il Pd, deve tomare a formare classe dirigente. Uno dei problemi che impedisce di riavviare questo processo è il correntismo esasperato, un bipolarismo’ che in Umbria fa si che tutti si schierino e nessuno si ponga il tema della selezione e della costruzione dei dirigenti, degli amministratori del futuro. Io – e non solo io- ho avuto la fortuna di svolgere un ruolo importante in giovane età. Proprio quelli come me , come noi, si devono assumere la responsabilità di questo passo. Il segretario Leonelli mesi fa aveva lanciato la sfida generazionale ai nativi Pd per uscire dalle correnti per riscrivere una nuova storia democratica. Il partito deve fare questo passo”.

 Ora che la crisi istituzionale sembra – e sottolineiamo sembra – risolta tutto dovrebbe essere più facile…

“Io non ho parlato durante la crisi se non per dire ‘mettetevi d’accordo’, volevo ricostruire e non contribuire a distruggere. Ora che la crisi sembra rientrata dobbiamo porci il problema di che tipo di classe dirigente vogliamo lasciare all’Umbria che verrà. Altrimenti rischiamo di lasciare la regione ai dilettanti allo sbaraglio. Ci sono eccezioni, può succedere che senza un percorso alle spalle uno riesca a diventare un buon dirigente. Ma ora è la regola: una buona immagine di sé e passare per la persona giusta al momento giusto sono i soli requisiti richiesti. Non basta. Il nostro, che è l’unico vero partito rimasto, deve attivare un percorso a partire dai territori. L’Umbria potrebbe essere un laboratorio”.

 Il referendum è uno spartiacque, anche in Umbria pezzi del Pd (soprattutto la vecchia guardia) si schierano per il no. Lei è una pascaran del sì. La baracca, come si dice, reggerà ?

“Da un lato ci siamo noi parlamentari e la classe dirigente nazionale che, una volta votato in Parlamento e in direzione, voglio vedere come farà a votare no e a giustificarlo. A livello locale abbiamo figure che hanno esercitato ruoli di primo piano nel partito esigendo allora – giustamente che la linea del partito fosse rispettata. Questo non vuoi dire che i comitati per il no non vanno fatti, ma c’è la maggioranza di un partito che a più riprese e a più livelli si è espressa per le riforme. Mi sarei aspettata più cautela. Sempre che le indiscrezioni trovino conferma”.

 Il suo è un monito a uscire dalle correnti e a formare una nuova classe dirigente. Ma sono lustri che si attende questa svolta. In Umbria da anni è un congresso permanente. Si è stati sempre sicuri di vincere, e ora?

“Il pericolo di perdere l’ho denunciato più volte anche rischiando di essere tacciata come gufo, aggettivo che chi mi conosce sa che non mi appartiene. Se diamo l’idea di essere concentrati più sull’autoconservazione che sulla creazione della nuova classe dirigente diffusa e radicata sul territorio, individuando punti di riferimento per il cittadino, la sconfitta può materializzarsi. Se la partita si gioca solo su una figura che sia pubblicamente presentabile, rischiamo che le altre politiche trovino uno Romizi per i Comuni e anche per la Regione”

 Come dice il segretario-premier… servirà il lanciafiamme?

“La parola lanciafiamme io non l’avrei utilizzata, ma dobbiamo ripartire da questo compito storico della formazione della nuova classe dirigente. Ripartendo dai tanti giovani che sono impegnati, nel partito, nelle amministrazioni locali e nella società a tanti livelli. Chi continua ad essere impegnato in altro, nelle vecchie guerre correntizie, fa un danno irreparabile”.