Home Rubriche Pievesi alla Ribalta “Inseguendo la passione per i vulcani” di Luca Caricchi

“Inseguendo la passione per i vulcani” di Luca Caricchi

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Dopo che ci ha inviato la lettera sul terremoto, i suoi danni, e la prevenzione necessaria, abbiamo chiesto al giovane professore Luca Caricchi, anche in vitù del grande successo di lettori che ha avuto, di raccontarci qualcosa della sua bellissima avventura professionale. E lui non si è fatto pregare e ci ha fatto subito questo secondo regalo. Che offriamo,  con  piacere e orgoglio di pievesi,  ai nostri lettori (N.d.R)

“Mi piacerebbe raccontare che sin da bambino avevo una passione sfrenata per i vulcani, ma non è così, avrei voluto essere un pompiere. Sempre di passione per il fuoco si tratta, tanto che la mamma aveva paura che incendiassi casa perché io volevo sempre vedere alte le fiamme del nostro camino.

Mentre il tempo scorreva, completavo tutti gli studi, fino al Liceo Scientifico, a Città della Pieve. Ero un chiacchierone, come maestre, maestri, professoresse e professori che ho avuto non avranno difficoltà a confermare, ma mi sono divertito a frequentare un percorso scolastico di cui dovremmo andare fieri. Durante gli anni della scuola, non ho solamente imparato le nozioni scolastiche, ma ho conosciuto amici, anche tra i docenti.

Finito il liceo, mi sono chiesto cosa avrei voluto fare, e i miei genitori mi hanno detto che se l’università era quello che volevo fare non ci sarebbero stati problemi. Una frase chiave è stata quella che ha seguito: “Adesso vai a fare il libretto del lavoro, alla fine dell’anno accademico facciamo i conti e vediamo se l’università è veramente la tua strada”. Non ringrazierò mai abbastanza i miei per aver aggiunto questa frase alla fine di un’altra che tutti si aspettano.

Ho iniziato Geologia all’Università degli studi di Perugia nel 1998 e dalla prima lezione, che ancora ricordo, ho amato la geologia e lì è scoppiata la passione sfrenata per i vulcani, che per me rimangono la dimostrazione più spettacolare della potenza della natura. Durante il quarto anno (nel frattempo avevo perso memoria di dove fosse il libretto del lavoro, che credo fosse gelosamente conservato dal babbo), parlando con un professore mi disse che c’era la possibilità di completare un programma Erasmus della Comunità Europea a Zurigo. Allo stesso tempo avevo parlato con il mio professore di vulcanologia per fare la tesi con lui e mi disse che al Politecnico Federal di Zurigo avrei sicuramente potuto lavorare sulla fisica del processo vulcanico.

Nel Settembre 2002, dopo il Palio dei Terzieri, feci la mia valigia non sapendo se sarei tornato dopo i sei mesi del progetto Erasmus. Non dimenticherò mai la trapunta della mamma arrotolata fuori dal sacco, non si sa’ mai… La trapunta è ancora conservata in cantina. Ricordo ancora il nodo alla gola durante le dieci ore di treno che seguirono lasciandomi dietro anche gli amici del Terziere Borgo Dentro dove sono cresciuto e che è l’altra mia passione. Passai le prime notti a piangere nel letto la sera perché non conoscevo nessuno e non mi piaceva cenare da solo specchiandomi sulla finestra di fronte a me. Dopo una settimana tornai a casa per un paio di giorni per vedere famiglia e amici, senza però nemmeno considerare di aver fatto la scelta sbagliata, grazie ad un’amica Italiana ed il marito che incontrai a Zurigo e che mi aprirono gli occhi. I sei mesi successivi mi hanno cambiato la vita.

Momento chiave: dopo circa due mesi a Zurigo la prima barzelletta in Inglese. Tutto felice per esserci riuscito, immediatamente realizzai che mentre una metà  degli amici rideva, l’altra metà non aveva capito. La bellezza della diversità culturale, che non comprende solo barzellette fallimentari ma anche e soprattutto la possibilità di discutere di scienza e politica con colleghi Svizzeri, Vietnamiti, Africani, Americani, Giapponesi e di mole altre nazionalità. Alla fine di questi sei mesi mi sono laureato all’Università degli studi di Perugia già con un offerta dal Politecnico Federal di Zurigo per un dottorato sulle proprietà fisiche dei magmi. Primo volo in areo, prime conferenze, prime presentazioni di fronte a centinaia di colleghi, mi sentivo una specie di scienziato rock star. Il dottorato era già la coronazione di un sogno, potevo dire di star lavorando per diventare dottore in vulcanologia (come suona bene eh?), però con il passare del tempo ho capito che fare il dottorato non mi sarebbe bastato, volevo di più. Che problemi ci sono? Beh, alla fine del dottorato non avevo nessuna offerta per un post-dottorato. La realizzazione che nel mondo di scienziati come me ce ne sono molti di più di quello che pensassi a quel tempo. Ecco qua una bella ridimensionata a un ego che era cresciuto un po’ troppo.

Fortunatamente per me, alla fine del mio contratto a Zurigo, ottenni una prolungazione di tre mesi e finalmente un contratto con il Centre National de la Recherche Scientifique di Orleans, in Francia, giusto prima di fare le valige per tornare alla Pieve.

Era il 2008 e durante quell’anno lavorai sodo per non trovarmi nella sessa situazione della fine del dottorato. Nel 2009 ottenni un progetto per andare all’Università di Bristol (Regno Unito). Nel 2012 ho vinto un concorso e sono diventato Professore assistente di Vulcanologia e Petrologia all’Università di Ginevra (Svizzera) all’età di 33 anni. Adesso vivo il mio sogno.

Sono partito dalla Pieve e ci torno ogni volta che posso, da emigrato cerco di dare il mio contributo per cambiare cose che potrebbero funzionare meglio in Italia. Alcuni sono critici: ”Se veramente vuoi cambiare le cose, perché non torni in Italia”. Ho due risposte: 1) Non ho mai ricevuto una concreta offerta di lavoro in Italia e sono felice di essere a Ginevra, 2) I problemi dell’Italia si risolvono anche lavorando insieme e sentendoci Europei.

Durante quest’avventura in giro per l’Europa i miei genitori hanno sofferto la mancanza di un figlio unico che da quasi quindici anni ha fatto le valige ed è partito. Ho perso affetti senza poter dire ciao perché ero in giro per il mondo a guardare vulcani, ma tutto questo non sbiadisce la felicità di aver inseguito un sogno e di aver conosciuto tanti nuovi amici, ovunque sono stato e di qualsiasi credo religioso o politico. Ho conosciuto l’amore della mia vita, anche lei appassionata di vulcani che, come i miei genitori, ha rinunciato a tanto per lasciarmi vivere la mia passione. Ricordate il nodo alla gola? Qualche volta riappare ma mi fa sorridere.

luca compangia

 

Qui siamo in cima al vulcano Nevado de Toluca in Messico.Da sinistra:  José L. Arce, vulcanologo dell’Università Autonoma del Messico,Line Probst (Svizzera), mia studente di dottorato, Gregor Weber (Germania), mio studente di dottorato, io, Martin J. Gander, professore di matematica con cui collaboro dell’Università di Ginevra.

Inseguendo la passione per la vulcanologia ho raggiunto il mio sogno non ponendomi alcun limite e, cosa di cui vado veramente fiero, senza chiedere niente a nessuno. Questo è più importante di aver raggiunto uno scopo, perché anche se non fossi in accademia adesso, avrei sempre potuto dire di aver provato a fare quello che sognavo. Le uniche persone che devo ringraziare sono i miei genitori e mia moglie per aver creduto in me e gli altri scienziati con cui collaboro per cercare di capire i parametri fisici che controllano le eruzioni vulcaniche.

Consigli per i (più) giovani? Sognate, rispettate, appassionatevi e diffidate delle soluzioni facili.

Luca Caricchi (Icce)

corrierepievese@gmail.com