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Il Perugino nel Duomo della mia Napoli

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Nella navata destra del duomo della mia  Napoli si trova La Pala dell’Assunta del Perugino. Fino al 1744 l’opera era collocata presso l’altare maggiore della Cattedrale, fu poi spostato per far posto all’Assunta scultorea di Pietro Bracci tuttora in tale sede.

La pala del Perugino ricalca schemi classici già proposti nell’opera per la basilica della Santissima Annunziata di Firenze. In tale occasione infatti il grande artista pievese si dovette difendere dalle critiche mossegli dal Vasari che lo accusava di “ripetitività”                            .Come si evince dal titolo il soggetto del Perugino rappresenta il momento nel quale Maria viene assunta in cielo con anima e corpo. Questo evento è identificabile nei vangeli Apocrifi e rappresenta il prosieguo della Dormizione della Vergine. Nella pala di Napoli Maria si trova nella parte superiore di uno spazio a forma di mandorla circondata da cherubini. Più esternamente sono raffigurati due ordini paralleli di angeli musicanti dai quali due si staccano per incoronare la Vergine. Nella parte sottostante della raffigurazione, in un paesaggio dolce ( si direbbe pievese ) un gruppo di figure con lo sguardo rivolto verso l’alto. E in queste sagome si individua la peculiarità del Perugino di conferire con la sua pennellata lieve, quella grazia ed eleganza che ha caratterizzato soprattutto la bellezza femminile secondo quell’ideale classico che tanto influenzarono Raffaello. Tra queste figure nella parte bassa della pala c’è al centro S. Tommaso, con la cintola secondo l’iconografia tradizionale. A destra S. Paolo con la spada e a sinistra san Gennaro che poggia la mano sulla spalla di colui che è stato identificato quale committente dell’opera e cioè il cardinal Oliviero Carafa.

Ma come mai un opera del maestro umbro, tra i più grandi protagonisti del Rinascimento si trova proprio a Napoli? Nel 1503 ad Oliviero Carafa fu conferita la carica di arcivescovo di Napoli. Questi fu una figura importantissima e centrale nell’ambiente religioso-popolare napoletano. Aveva uno spiccato senso artistico e si adoperò affinchè i più grandi artisti dell’epoca ricevessero incarichi per esternare la propria arte e dare valore estetico ed artistico al sentimento religioso. La commissione dell’opera al Perugino seguì proprio questo intendimento che contemplava inoltre una pluralità di linguaggi espressivi. Ora non voglio inserire il cinquecentesco arcivescovo nel novero dei più importanti mecenati, se è vero che a scopo autocelebrativo inserì massicciamente stemmi di famiglia nella cripta del duomo sotto l’altare maggiore. Ma se si pensa agli attuali porporati con manie faraoniche… Meglio gli stemmi? Diciamo che ogni prelato ha i suoi difetti?

Nunzio Dell’Annunziata