Home il caffè della domenica “Il Caffè della Domenica”. Mi dissocio

“Il Caffè della Domenica”. Mi dissocio

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Seguo, con un certo fastidio, il dibattito in cui, decine di  milioni di italiani, alcune decine di migliaia di politici ed aspiranti tali, sono diventati esperti di organizzazione sanitaria e di virologia. Seguo con grande preoccupazione invece le notizie sulla situazione economica di tutti ed in particolare delle attività produttive che sono la barca cui tutti siamo legati, la locomotiva che tira tutte  le altre carrozze.

Ma di questo e soprattutto di come si vogliano utilizzare i fondi che, in prestito, a buffo si dice dalle nostre parti,  avremo dall’Europa, nessuno parla. Certo si danno i dati del calo della produzione e dell’occupazione, come se fossero accadimenti che nessuno poteva prevedere e che destano meraviglia. Dopo che mezza Italia si è dovuta fermare. Dei fondi della “Next Generation” o del “Recovery Fund”, che a dirlo fa tanto manager, si   parla solo di chi li utilizzerà. Si parla di commissari straordinari, di esperti, task force, gabinetti. Ci sarebbe da dire, ma i ministri, i dirigenti dei ministeri, che faranno allora , li metteremo in cassa integrazione? Faranno finta di fare lo smart working? Intanto nessuno dice come e soprattutto dove si intende utilizzarli, in quale luogo, in quale territorio, che è la cosa che a noi interessa di più. Ci sono , certo, le solite  frasi fatte come ambiente, digitalizzazione, sanità, generiche e generali e niente più. E per il resto tanti bonus, così a casaccio, come viene viene, che è la cosa più semplice da fare, cui ci arrivano tutti, ma la meno efficace per il futuro. Anche a livello locale silenzio tombale. Attenzione parliamo di cifre che non vedremo più per decenni, cifre che stiamo sottraendo alle future generazioni e forse siamo di fronte l’ultima occasione per rifare l’Italia e per rifare soprattutto gli italiani.

E’ vero che le prime direttive devono venire dal governo centrale, ma intanto da qui, da queste nostre terre, se ci venisse dato qualche spicciolo, come lo vorremmo utilizzare? Quali progetti abbiamo pronti? Quali stiamo preparando? Dove metteremmo il timbro della priorità?

Per la parte salute, con tutta la buona volontà di questo mondo, credo che nessuno stato al mondo, anche quello degli Emirati Arabi, firmando le cambiali con il tanto petrolio che ancora gli resta, possa organizzare un sistema sanitario, basato, permanentemente, sulle risposte da dare ad una pandemia mondiale. L’unica cosa, da profano, e sottolineo da profano, che mi vien in mente è provare a capire come meglio rispondere anche in futuro ad eventi straordinari del genere. Da profano, che comunque si rimette a chi ha le competenze a riguardo, mi viene in mente un’ unica risposta possibile. Creare, costruire, e formare, risorse umane, strutture e servizi, con capacità e professionalità multidisciplinari, da utilizzare nei casi eccezionali ed in quelli ordinari. Ma so che è l’uovo di Colombo. E sempre per la parte sanità. Si dice che si è sbagliato nel dimenticare il territorio e nell’accentrare tutto nei grandi ospedali. E allora? Cosa si intende fare in una zona dove manca anche un servizio ospedaliero minimo, classificabile come tale? Cosa ha questa zona, di meno o di diverso di quella di Narni ed Amelia, dove in questi giorni si è deciso di costruire un nuovo ospedale? Si intende ancora, pandemia o non pandemia, continuare a far girare i poveri disgraziati che ne hanno bisogno, anche per un semplice esame, per gli ospedali ed i servizi di tutta l’Umbria? Umbria  che non è proprio fatta come la Via Emilia o la pianura Padana. Da noi capita di essere mandati a Città di Castello o a Branca. Qualcuno sa che facciamo prima ad andare a Roma?

E allora cosa farò? Niente, aspetterò di vedere atti e risultati, quelli sanitari e quelli economici e poi darò il voto. Ma proprio il voto, quello con la croce, con la scheda, i simboli e la matita. A te si, a te no. O forse più probabilmente a te no e anche a te no.

Gianni Fanfano