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Il “Caffè della Domenica” Banca Centro. Lascia Giovagnola, protagonista di crescita e fusioni

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Nel 1957 viene fondata la Cassa Rurale di Mantignana, nel 1959 quella di Moiano, nel 1964 quella di Sovicille. Quella di Ficulle era già stata costituita addirittura nel 1916. Sono questi gli atti di nascita cui risalire quando si parla della Banca Centro Umbria Toscana costituitasi circa un anno fa e sancita il 10 gennaio di quest’anno. Una realtà importante nel sistema creditizio del centro Italia, con 2 miliardi di raccolta e impieghi di 1,3 miliardi rivolti alla clientela: Con 62 filiali diffuse nelle province di Perugia, Terni, Siena, Arezzo e Grosseto.

Una banca che si colloca tra le più importanti del Gruppo Iccrea, il gruppo di credito cooperativo che riunisce 132 banche, 750.000 soci, 2600 filiali, 4milioni di clienti, che a sua volta è ormai fra i maggiori gruppi bancari nazionali e che per legge è tenuto, a rispettare il prevalente interesse cooperativo intervenendo soprattutto nei territori su cui opera e nei confronti dei suoi soci.

Banca Centro ha eletto come suo primo presidente Palmiro Giovagnola, che da dodici anni presiede il gruppo delle banche umbre che si sono fuse attorno a Moiano e Mantignana, che sono state le locomotive di questo percorso virtuoso, e dai primi anni ottanta fa parte del consiglio di amministrazione della cassa Rurale di Moiano prima e delle altre che sono seguite nel processo di accorpamento che abbiamo descritto. A parlare del cammino fatto, come ricorda lo stesso Giovagnola, è il susseguirsi delle sedi della banca, che mantiene a Moiano gli uffici della direzione operativa. Si è passati dai garage lungo il vialone, alle architetture avveniristiche della sede attuale che rappresentano una sorta di cattedrale dei nuovi tempi in questa nostra terra.

Da alcuni giorni è circolata la voce che Palmiro Giovagnola lascerà la presidenza di Banca Centro ed inizialmente sono cominciate a circolare anche alcune congetture circa le presunte motivazioni. Secondo le nostre informazioni  ci risulta che si è avviato un percorso che in effetti porterà verso la metà del mese di dicembre ad una decisione formale del Consiglio e che dal primo gennaio del 2021 Palmiro Giovagnola non sarà più il presidente di Banca Centro e che il nuovo presidente sarà il ternano Campagna, fino alla fine del mandato. Per poi consegnare, salvo imprevisti, nel nuovo consiglio, che dovrebbe essere ulteriormente ridotto, la presidenza ad un toscano, che dovrebbe essere l’attuale vice Faccendi. Probabilmente negli accordi annessi e alla base della ultima fusione ci saranno stati anche gli assetti relativi agli organigrammi interni all’azienda che sono i meno pubblici ma che rivestono in una azienda la massima importanza.

Giovagnola non farà più parte nemmeno del Consiglio di Amministrazione. Una decisone concordata, un “patto d’onore”, come è stato definito. Un passaggio che si può dire, chiude un ciclo, un ciclo storico, anche in questo caso.

Per continuità, per capacità di visione, per tenacia nel perseguimento degli obbiettivi, credo che Giovagnola sia da definire tra i protagonisti principali, se non proprio il principale protagonista, umbro, di questo percorso imprenditoriale tracciato negli anni e raggiunto, non senza ostacoli ed incomprensioni. Un percorso imprenditoriale, di concentrazione e di aumento delle dimensioni, stimolato anche dalla legislazione europea e nazionale, in un settore, quello cooperativo che si è dato le dimensioni giuste per affrontare l’attuale ed il futuro livello di competitività. Una delle poche “dotazioni di sistema” di cui l’Umbria si possa vantare. Perché alla favola del “piccolo è bello” occorre rispondere che il grande , quando fatto bene, è meglio. E non sempre si viaggia in questa direzione. Per restare nel mondo cooperativo, nel consumo, per fare un esempio, si è fatto il percorso inverso, mentre nei servizi continua a regnare una grande e deleteria frammentazione. Se andiamo a vedere nel campo pubblico delle partecipate, nel versante dei servizi, dalla gestione dei rifiuti a quella delle acque, non solo continua la frammentazione, ma a suo tempo fu fatta la scelta, ormai quasi irreversibile, di legarsi all’imprenditoria, non certo all’avanguardia, di Roma capitale.

Le dimissioni di Giovagnola lasciano un vuoto di rappresentanza territoriale forte, questo è innegabile, anche se al suo posto in consiglio di amministrazione dovrebbe essere nominato un imprenditore castiglionese importante. Se accanto alle scelte di rafforzamento industriale e di gruppo, sempre necessarie, si dovesse registrare un vuoto di visione d’area e di interesse generale, questo dovrà essere in qualche modo colmato, oltre che dai soci, dalle istituzioni locali, Regione e Comuni, in un rinnovato e rafforzato rapporto di collaborazione con la Banca Centro. E con i tempi che corrono, qualche preoccupazione resta.

Perché Palmiro Giovagnola non è stato solo il presidente di una banca che è cresciuta nello spirito dei tempi. E’ stata anche, una delle figure politiche più importanti di questa zona, nella seconda parte del secolo scorso e nei primi decenni di questo. E’ stato presidente della USL del Trasimeno, prima della sua annessione a Perugia e dell’aziendalizzazione della sanità, quando ancora i Comuni contavano qualcosa e i direttori, tranne rare eccezioni come Truffarelli, diventarono i bracci operativi, nel nostro caso i cecchini, delle Giunte regionali. E’ stato sindaco di Città della Pieve, presidente della Comunità Montana e poi Vice Presidente della Provincia, con Cozzari. Gli è mancata, come forse avrebbe voluto, solo di coronare questa sua lunga attività con l’esperienza del Consiglio Regionale.

E date le caratteristiche del soggetto, sempre abbastanza ortodosso in politica, non essendo  vero che uno vale uno, come qualche sanculotto di moda in tempi andati, è andato dicendo, forse avrebbe potuto interrompere il lungo digiuno di assessorati e quindi di potere, vissuto dal Trasimeno, nel mezzo secolo di regionalismo, che dura da sempre, a parte le brevi esperienze di Giampaolo Bartolini, sul finire degli anni ’80 e quella piuttosto anomala di Tomassoni , più di recente.

Fa sorridere vedere in queste ore, fra i tanti attestati di stima, che anche in rete gli vengono, giustamente, fatti, quelli di coloro che hanno avversato un esito del genere, sostenendo un gruppo dirigente, piuttosto discutibile e del tutto subalterno a Perugia. Ma questa ormai è storia. Una storia che deve essere ancora scritta. Cari amici di caffè “c’est la vie”.

Gianni Fanfano