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Guccini a Perugia

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Rassegna Stampa dal  Corriere dell’Umbria di Giovanni Dozzini

 

PERUGIA – Di concerti non ne fa più già da anni, ma ogni tanto Francesco Guccini si concede qualche serata da trascorrere raccontando di sé e delle sue storie a platee sempre gremite, sempre grate e curiose. Nei prossimi giorni , e per l’esattezza giovedì (ore 18), il cantautore emiliano verrà anche a Perugia, per un incontro organizzato al Morlacchi dall’associazione Per Perugia e oltre.

“Queste occasioni mi piacciono, mi divertono”, dice lui, “Poi dipende sempre dall’intervistatore (a Perugia sarà l’ex direttore del Corriere dell’Umbria Federico Fioravanti, ndr\ se è bravo a trovare le chiavi giuste, a tirarmi fuori quanto di buono ho da dire”. Della dimensione live, spiega, gli manca proprio il contatto col pubblico, “il boato, gli applausi”, mentre quel che non gli manca per niente è “la fatica del concerto. Quelle due ore e mezzo sul palco alla mia veneranda età si facevano sentire”.

In queste settimane si è parlato moltissimo del Nobel per la Letteratura dato a Bob Dylan, e dell’atteggiamento tenuto dal songwriter americano dopo l’assegnazione, fino al clamoroso annuncio che non si presenterà a Stoccolma per ritirare il premio. Che opinione ha di questa storia?

“Che gli abbiano dato il Nobel mi ha fatto molto piacere. Vuoi dire che la canzone non è negletta, che le viene riconosciuta una dignità letteraria. E questo è bello. Altra cosa è il suo atteggiamento. Dylan dice che per quel giorno aveva già altri impegni, ma gli impegni in certe occasioni si possono spostare. Sarebbe stato più coerente a rifiutarlo, allora. Ï suo mi pare un gesto superficiale, pieno non voglio dire di disprezzo ma sicuramente di spocchia”.

C’è chi è arrivato a rimpiangere che il Nobel non sia stato dato a Leonard Cohen.

“Non lo so, c’era tante altra gente che avrebbe meritato il Nobel, probabilmente, fuori dalla canzone. Quanto a Cohen, pur riconoscendogli una grande dignità l’ho sempre ascoltato poco. Dylan invece lo ascoltavo di più, soprattutto agli inizi”.

E adesso, chi ascolta?

“Ah, adesso non ascolto quasi più niente. Ormai sono fuori dal giro in tutto e per tutto”. Perché? “Forse è stata una sorta di overdose. Anche perché essendo stato dentro a quel mondo per così tanto tempo mi viene spontaneo smontare e rimontare le canzoni che ascolto. So come funziona, so che lavoro c’è dietro, come si costruisco- no i pezzi negli studi di registrazione, spesso senza mai incontrare gli altri musicisti. E poi non mi pare che il panorama attuale sia molto interessante. Non esistono più case discografiche, se non quelle quattro o cinque major, non esistono più i negozi di dischi. In giro c’è poco”.

Lei è un uomo dell’Appennino. E in questi mesi l’Appennino ha messo a dura prova la resistenza della gente che lo abita. 11 commissario per la ricostruzione Vasco Errani ha detto che se fossimo giapponesi smetteremmo di ricostruire in quei posti.

“Anche la nostra è zona sismica. Dopo il terremoto mi sono guardato intorno, e ho pensato che con scosse così anche le nostre case sarebbero state rase completamente al suolo. La verità è che l’Appennino è un posto bellissimo e sfortunatissimo. Ci sono ormai da tempo poche risorse, poco lavoro. Si sta spopolando via via, da noi va sempre peggio anche il turismo. Poi, certo, il terremoto è stato una tragedia enorme. Spero che si riesca a conservare una qualche forma di presenza umana sui nostri monti, anche se è complicato. Il  modo di vivere l’Appennino a cui sono abituato io mi pare destinato inevitabilmente a perdersi”.