Home Argomenti Politica Fassino “La riforma del Parlamento fa parte della nostra storia”

Fassino “La riforma del Parlamento fa parte della nostra storia”

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Città della Pieve. – Sala Grande gremita a Città della Pieve per l’iniziativa del Comitato per il Si locale coordinato da Mario Fattorini. A vivacizzare la mattinata piovosa anche il gruppo di camminatori per il Si che oggi faceva tappa nella patria del Perugino per dirigersi poi verso Magione.

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Ha aperto gli interventi il sindaco Fausto Scricciolo che parlando della riforma come ultima occasione per accorciare i tempi della legislazione ha voluto citare un caso concreto. Con la chiusura del Tribunale di Orvieto, Città della Pieve, insieme a Paciano, Panicale e a Piegaro, deve fare un ora e mezza di viaggio per andare al Tribunale di Terni. E’ depositata una proposta di legge dall’inizio della legislatura per passare tutti sotto il Tribunale di Perugia, con evidenti vantaggi, sono tutti d’accordo, ma ancora non si vede la soluzione del problema.

Il segretario regionale del Pd Giacomo Leonelli ha invece detto che siamo alla fine della partita, di questa lunghissima campagna elettorale, siamo ai calci di rigore e all’ultimo sforzo. Leonelli confida molto sui cittadini che sono molto più attenti e maturi della classe politica, nel capire da che parte stanno i loro interessi.

Marina Sereni, in qualità di Vice Presidente della Camera, è partita dalla sua esperienza. Ormai per ridurre i tempi lunghissimi necessari a fare una legge si ricorre ogni setttimana al voto di fiducia o al decreto legge, cioè a strumenti eccezionali e straordinari recando un danno gravissimo allo stesso lavoro del Parlamento e dei parlamentari che si riducono a votare soltanto le leggi, senza discuterle. E’ in gioco la qualità della democrazia e della politica, ma siamo in difficoltà non perché abbiamo cambiato troppo ma perché lo abbiamo fatto troppo poco.

Ha poi preso la parola Piero Fassino che è stato per diverso tempo segretario dei Ds e sindaco di Torino. Fassino ha fatto una descrizione meticolosa del contenuto della legge di riforma del Parlamento che è oggetto del referendum Proprio perché il tema non è semplice, e sembra lontano dalla vita quotidiana delle persone.

Ci sono due parti della Costituzione ha detto Fassino. La prima parte parla dei valori, dei principi, dei diritti e quella non viene toccata, come mai è stata toccata in passato, a differenza della seconda. La seconda parte riguarda i poteri dello stato, parlamento, enti, locali, giustizia. E’ questa parte, già modificata alcune volte in passato, che si intende cambiare. Ed in particolare si intende far fare alla Camera le leggi principali al Senato quelle che riguardano le autonomie locali.

Questo tipo di organizzazione e di divisione dei poteri tra l’altro era già presente fin dalla discussione nella fase costituente. Non solo, ma il superamento del bicameralismo è una proposta targata sinistra in Italia ed in particolare targata PCI, fin dai tempi della commissione Bozzi, agli inizi degli anni ottanta e sotto la spinta dell’ex sindaco di Bologna, Renato Zangheri. Perché va detto con forza che questa riforma sta nella nostra storia, nella storia della sinistra italiana.

Oggi ha proseguito Fassino, sia con governi di destra o di sinistra, si cerca di risolvere il problema facendo un uso improprio e scorretto del voto di fiducia e del decreto di urgenza, ma non può continuare così. E se guardiamo oltre i nostri confini sono solo due o tre paesi dell’Europa dell’Est che continuano ad avere le due camere paritarie, come noi.

Non solo ma con la riforma si rivedono anche alcune cose che non vanno nel rapporto fra stato e regioni e nella stessa legislazione regionale. A cominciare dal mettere chiarezza nelle competenze. Dopo la cosiddetta riforma federalista ci sono stati circa 1700 ricorsi fra stato e regioni sulle competenze. Con la riforma si mette fine a tutto questo come si mette fine alla possibilità, davvero abnorme, ed ingiusta di avere 20 regioni con 20 sistemi ed organizzazioni sanitarie diverse, per cui i cittadini italiani non hanno gli stessi diritti ma variano dal posto in cui risiedono. Si abolisce il Cnel che non svolge da decenni più nessuna funzione utile e si porta al 60% degli elettori la soglia per l’elezione del capo dello stato, cosa che imporrà naturalmente una condivisione fra maggioranza e opposizione. Si abolisce definitivamente la Provincia come livello di organizzazione dello stato e si stabiliscono con maggiore precisione e garanzia i diritti delle opposizioni in Parlamento. Si inserisce l’obbligo di discutere in Parlamento le proposte di legge presentate dai cittadini e di fatto si abolisce la soglia minima di elettori per la validità dei referendum.

Questo, ha detto Fassino, è quello per cui e su cui si vota il 4 dicembre. Ma sappiamo bene che alcuni partiti collegano questi temi con la riforma elettorale. Il nuovo Senato è previsto che venga eletto dai Consigli Regionali, ma c’è già una disponibilità dichiarata, un accordo, perché la legge si modifichi e anche il nuovo senato venga eletto dai cittadini.

Dal 1992 abbiamo abbandonato il sistema di voto proporzionale. In base alla attuale legge non c’ è soglia, per attribuire il premio di maggioranza previsto dal maggioritario. Con la nuova legge si porta questa soglia al 40% o al ballottaggio se non la si raggiunge. Ed anche su questo c’è già l’accordo e la disponibilità a cambiare il premio dal partito alla coalizione. Dunque a concluso Fassino nel merito dei quesiti referendari gran parte delle posizioni del No sono sbagliate o non hanno fondamento.

Poi , concludendo, ha detto , c’è il dopo 4 dicembre. Cosa succederà in base al risultato? Una domanda molto importante come il referendum stesso. Se vince il Si, si fa una riforma importante che serve al paese e si stabilizza la situazione politica fino alle prossime elezioni. Se vince il No si apre una crisi politica senza vie d’uscita. Perché lo schieramento favorevole al No non è in grado di costituire un governo e ha idee diverse su tutto. Questo porterà automaticamente ad un indebolimento dell’Italia in Europa e nei mercati finanziari, con forti ripercussioni sul costo del debito pubblico.