Home Argomenti Politica Castiglione. Show di D’Alema con il suo popolo, ma non solo….

Castiglione. Show di D’Alema con il suo popolo, ma non solo….

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Folla delle grandi occasioni a Panicarola, verrebbe dire folla di un tempo,  per l’intervista a Massimo D’Alema, che di fatto per il lutto che ha colpito il sindaco di Firenze Nardella, ha concluso le iniziative politiche della Festa dei Giovani Progressisti.

Ovviamente c’era gente venuta da diverse parti dell’Umbria a cominciare dall’ex sindaco di Perugia, Renato Locchi e l’ex segretario della CGIL Mario Bravi, fino a personaggi della politica locali ora un po’ in disparte o impegnati altrove come Palmiro Giovagnola, Massimo Bianchi ed Enzo Ronca.

Ha cominciato Alessandro Torrini nelle vesti di padrone di casa, presentando brevemente l’ospite che certamente non era sconosciuto alla platea, ma questo è servito a fare di fatto l’introduzione dell’iniziativa. E a partire dall’introduzione si è capito subito che D’Alema avrebbe giocato in casa, perché nella presentazione sono stati ( per dovere di ospitalità?) sorvolati alcuni passaggi in cui le responsabilità di D’Alema sono state pesanti, come nel siluramento del primo governo Prodi che il professore bolognese ha ricordato di recente o la strenua lotta alla leadership di Veltroni nella fase iniziale del Pd.

Poi il taglio della serata si è visto anche con i due giornalisti che erano piuttosto disarmati , tanto che ad un certo punto D’Alema, da navigatore di lungo corso in queste iniziative, ha preso in mano l’unico microfono funzionante e non l’ha mollato più, lasciando i poveri intervistatori a porre domande a voce che non sentiva nessuno, mentre lui rispondeva con il microfono parlando a tutti.

Fatte queste premesse di metodo, va detto che come al solito D’Alema ha confermato di essere ancora quel cavallo di razza che quasi tutti gli riconoscono di essere, Mente lucida, grande abilità oratoria, unico ormai a rivendicare fra i big, l’eredità della sinistra italiana e di quella parte del PCI confluito nei diversi partiti maggioritari susseguitisi, dalla Bolognina in poi. E la parte fondamentale del suo successo dipende da questo. Perché come vedremo quando si tratta di affrontare la cruda realtà dei problemi, il discorso cambia.

Costretto dalle domande sul contingente, dai giornalisti, ha dovuto misurarsi subito con il tema del referendum e ha subito detto quello che va dicendo da tempo. “E’ la stessa legge di Berlusconi contro cui abbiamo fatto un referendum, la proposta finale della mia Bicamerale, poi non votata, era molto più riformatrice e profonda. Crea un meccanismo ferraginoso e complicato e insieme alla legge elettorale realizza un sistema costituzionale semiautoritario, di fatto con un governo del presidente senza contrappesi e controlli.”

Diciamo che la parte del confronto che ha trattato il referendum nel suo merito potrebbe finire qui. Anche perché ormai da tempo i diversi punti di vista ripetono più o meno le stesse cose.

Quello che invece è stato interessante è stato il dopo referendum, quando cioè si provato a parlare di politica in generale e dello scontro in atto, ora e sempre, nel Pd.

In sostanza D’ Alema ha detto “Noi abbiamo fatto riforma buone, loro (cioè Renzi) cattive. La riforma elettorale con Mattarella è frutto nostro.” Ma poi è dovuto tornare agli anni settanta per ricordare qualche buona riforma come quella sanitaria, l’aborto, la chiusura dei manicomi, tutta roba che fece parte di una grande stagione riformatrice in cui la generazione di D’Alema aveva già prenotato i posti in direzione ma si può dire che portava ancora i pantaloni corti.

D’Alema infatti si è definito non estremista, cioè nella geografia comunista, non ingraiano e nemmeno migliorista, cioè area Amendola prima e poi Napolitano. Lui si è definito “berlingueriano” che come si sa è la definizione che tira di più.

Quello che nessuno ha chiesto è stato invece cosa è stato fatto quando lui e la sua generazione hanno preso in mano il partito, cioè il Pds e ciò che poi è seguito ed hanno anche governato per diversi anni direttamente o indirettamente, cioè negli anni novanta e duemila, per tutto il tempo che non ha governato Berlusconi. E questo è il periodo cruciale della sconfitta di quella sinistra che D’Alema dice di rappresentare e che con la sua sconfitta ha consentito a Renzi di occupare territori sterminati di militanti e soprattutto di elettori.

Poi ha  aggiunto “Non vedo il mondo governato dai ragazzini” citando anche la sfida attuale fra settantenni in America. Ma ha evitato accuratamente anche di indicare qualcuno fra gli “esangui” dirigenti delle generazioni successive che potrebbe essere la candidatura alternativa a Renzi: Cuperlo? Speranza ? Orlando? gli è stato chiesto.

Ma ha risposto che “non si occupa di candidature”. Naturalmente.

Su un punto D’Alema ha perfettamente ragione, Renzi lo ha usato strumentalmente per condensare nella sua persona tutto ciò che all’interno del Pd il sindaco fiorentino ha voluto combattere. Del resto dopo che D’Alema aveva fatto fuori Prodi e Veltroni, era rimasto solo lui.

“Il conflitto non deve essere fra vecchio e nuovo” e qui D’Alema ha citato il famoso, e sempre buono nei momenti difficili, detto berlingueriano “Siamo rivoluzionari e conservatori”.

D’Alema ha denunciato che l’attuale segretario sta cambiando la pelle del partito. E soprattutto questo partito sta perdendo i consensi proprio di quella parte di cittadini che prima lo votavano a sinistra. Citando l’esempio dell’Emilia, terra un tempo rossa per antonomasia, che tra un’ elezione regionale e l’altra ha visto il Pd perdere la metà dei voti.

Ha anche denunciato l’errore di dare la caccia ai voti del centro, dicendo che “il Pd non recluta elettori al centro i quali al momento delle scelte vanno a destra con la Lega o con Grillo, ma solo ceto politico e di bassa levatura” e naturalmente grandi applausi ai nomi dei vari Verdini, Alfano, e compagnia bella.

Con la più che giusta sottolineatura che in questa fase gli elettorati di tutto il mondo, probabilmente , per la lontananza della politica dal potere reale, si vanno radicalizzato e polarizzando negli estremi.

E qui, dicendo che ormai lui si occupa prevalentemente di temi internazionali è mancato il tempo e il modo di chiedergli cosa si sta facendo negli ambiento della sinistra internazionale per cambiare il senso e la direzione delle decisioni che ormai le finanza internazionale ed angloamericana in particolare impone a tutti.

Ad un certo punto è stata fatta la domanda più attesa, almeno da una parte dell’uditorio.

“Perché non fate un nuovo partito?” E la risposta è stata, almeno qui nel salottino di Panicarola, chiara.

“Spero che si possa ancora salvare il Pd” ha risposto D’Alema

E andando verso le conclusioni ha anche cercato di indicare quali strade bisognerebbe battere per rilanciare un nuovo partito di sinistra con una nuova guida ed una nuova strategia.

“L’economia è ferma – ha detto D’Alema”- Bisogna rilanciare gli investimenti pubblici” E qui forse doveva cominciare un nuovo dibattito serio. Perché la ricetta non è nuova, Ma soprattutto. Come?

D’Alema ha detto che “Obama ha un debito pubblico più grande del nostro , ma ha investito denari pubblici, stampando dollari” Già! Con la piccola  differenza che il PIL degli Usa e tante volte più grande di quello italiano così come la capitalizzazione delle imprese e del sistema paese. E che l’Italia non può più stampare euro, mentre Draghi lo ha fatto e lo sta facendo, ma l’economia non riprende ugualmente.

Poi andando sul personale ha ricordato perché non è stato nemmeno preso in considerazione come ministro degli esteri europeo “perché ho pagato qualche scelta di quando era ministro degli esteri e soprattutto perché, alcuni governi hanno posto un veto. Inglesi, francesi, tedeschi decidono, poi chiedono se va bene agli americani e infine parlano con l’Europa e con l’Italia.”

Ai giornalisti è mancato il microfono per chiedere, ma questo succede da quando c’è Renzi o anche da qualche tempo prima? E il Centro Studi dei Socialisti Europei che fa, che dice?

Forse la risposta sarà nel “Libro Bianco” che stanno scrivendo sull’economia europea con Stiglitz, noto economista americano.

Mi sono alzato ed ho guadagnato l’uscita, con lo scenario ormai chiaro, mentre alla Festa dei Giovani Progressisti, stava arrivando un altro popolo, quello delle salsicce e delle bistecche,  che continua a tirare avanti questa baracca. E che prossimamente voterà.

Il referendum sarà l’ennesima resa dei conti a sinistra o in quello che resta di questa area, e, come ha riconosciuto anche D’Alema, “alla fine, questa resa dei conti probabilmente consegnerà l’Italia a Grillo”. Può darsi che sia l’ultima spiaggia che gli italiani proveranno. Dopo aver provato Renzi e prima di lui, tutti i D’Alema e i Berlusconi di questa povera Italietta.

Gianni Fanfano

corrierepievese@gmail.com