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Banche di Credito Cooperativo al bivio, tra una o più holding

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Ci siamo occupati qualche giorno fa delle notizie circa il percorso di unificazione iniziato da Crediumbria, la banca cooperativa con sede a Moiano e Credito Cooperativo Umbro che ha sede a Mantignana.  Pensiamo che sia utile far leggere su questi temi anche l’articolo apparso su Repubblica in cui si illustra la discussione ed i provvedimenti all’esame del governo in queste settimane.(N.d.R)

Repubblica  del 21-12-2015 di Valentina Vittoria Conte Puledda

Slitta a gennaio, con ogni probabilità, la riforma delle banche di credito cooperativo, sollecitata a più riprese dal governo. Ma ormai rimandata di mese in mese. L’idea di un’accelerazione, forte delle parole del premier Renzi ieri in tv («sono anche belle, ma devono essere più solide» ), è maturata nelle ultime settimane sull’onda delle polemiche e le inchieste per le quattro banche, anche se in realtà di riforma delle BCC si parla da un anno.

Palazzo Chigi avrebbe visto con favore un blitz nel Consiglio dei ministri prima di Natale, anche per dare corpo all’esigenza «di voltare pagina», espressa da Renzi, e di tagliare «le troppe poltrone». Ma al ministero dell’Economia non dispiace avere qualche giorno in più, per ragionare sui punti aperti, visto il «lavoro complesso». Benché, notano al Mef, «ogni anticipazione è gradita, se ci consente di chiudere l’anno come è cominciato». E cioè con un’altra importante riforma, dopo quella di gennaio appunto sulle popolari, in verità, già allora si era pensato di abbinare popolari e BCC in un’unica tornata di cambiamento.

Comunque, se non sarà sotto l’albero di Natale, il decreto legge sulle BCC potrebbe arrivare insieme ai regali della Befana. E’ un mondo che ha complessivamente un patrimonio di 20,2 miliardi ( al terzo posto in Italia), 4.450 sportelli, 37.000 dipendenti e 1,2 milioni di soci. Ma, soprattutto, conta 368 singole Banche di credito cooperativo.

Troppe, come ripete sempre più spesso Renzi. «Quello di cui abbiamo bisogno – ha detto ieri intervenendo a L’Arena – sono meno banche di paese e più banche per il Paese». Ma se la cornice è chiara, i contenuti della riforma continuano ad essere più incerti. Il punto di partenza è il progetto di autoriforma presentato nell’estate scorsa da Federcasse (l’associazione di categoria) ma su cui in realtà il mondo delle BCC non è proprio compatto. Questa sarà la base ma, secondo molti ambienti vicini alla vicenda, alla fine le scelte del governo saranno prese in via autonoma.

Il testo del decreto avrà punti di contatto, ma probabilmente anche differenze. «Nessuno vuole snaturare il credito cooperativo – spiega Filippo Taddei, responsabile economico del Pd – ma proprio per questo vogliamo offrire un orizzonte di consolidamento che garantisca la sua stabilità». Il testo proposto da Federcasse, in dieci punti, prevede la nascita di una capogruppo bancaria, cui le singole BCC aderiscono sulla base di un “patto di coesione”, un contratto graduato in base alla virtuosità e alla forza patrimoniale delle singole BCC (a loro volta sono titolari della maggioranza del capitale della capogruppo). Nel testo non si dice che la holding debba essere unica, ma si fissa un livello di capitale – un miliardo – così alto che lo diventerebbe automaticamente. Le ipotesi di decreto che circolano in questo momento hanno ancora molti punti aperti; ad esempio se imporre “per legge” la costituzione di una sola holding, se prevederne sulla carta più d’una (ma fissando una soglia di capitale minimo molto alta ) o ancora se ipotizzare una fase in cui il mondo del credito cooperativo si organizzi in più poli ( comunque pochi ) per poi convergere, nel tempo.

Ieri il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha dichiarato a Repubblica che la riforma «creerà un grande gruppo unitario più forte e solido, fatto di molte piccole o piccolissime realtà locali». Ma oltre alla scelta tra una sola o varie capogruppo, è possibile che il decreto preveda anche misure per ridurre il numero assoluto delle BCC